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di Marco D'Alessandro
Meno di una settimana e il pallone della Serie A tornerà a rotolare sull'erba verde. Ripartirà la caccia allo Scudetto con le nuove candidature al ruolo di chi fermerà la musica che da sette anni consecutivi è quella juventina. Raramente come nell'ultima stagione, però, l'aria è diventata elettrica e mai come nel campionato che è andato in archivio, il bianconero ha sofferto la sua riconferma nel connubio con il tricolore. Una cavalcata vincente ma sofferta, da rivivere, per ingannare l'attesa che ci separa dal fischio d'inizio.
La Juventus ha assolto il compito di vincere da condannata alla vittoria, fronteggiando uno splendido Napoli che ha lanciato la sfida dovendo desistere perfino alla quota della novantina di punti: 95 per l'ultima Signora in bianconero di Buffon, 91 e onore delle armi per l'ultimo tentativo d'assalto sarriano-partenopeo verso il sogno.
Il primo anno della moviola in campo, il/la Var, con il "numerounodeinumerouno" a battezzarla al debutto. La sofferenza e la resilienza della Juventus già manifestata alla seconda giornata, nella rimonta di Marassi, da 2-0 a 2-4. Il luccichio abbagliante di Dybala alle prime battute di campionato, i blitz funambolici di Cuadrado, aspettando Godot-Higuain. Una cavalcata fondata più sull'imperativo di portare a casa il risultato prima di ogni altro dettaglio. Lo spettacolo destinato più agli strappi dei singoli, in particolare quelli del neoacquisto brasiliano Douglas Costa, sfolgorante nella seconda parte di stagione, autentico uomo in più. Una Juventus capace di afferrare il massimo anche nei momenti in cui Allegri e i suoi sembrano messi all'angolo, come all'ultima preghiera del 3 Marzo all'Olimpico, quando pochi istanti spostano il vento del campionato. Dybala che inventa fra il nulla di uno zeroazero e batte la Lazio da solo, il Napoli capolista che perde la testa proprio nel momento meno opportuno e viene bucato quattro volte, a domicilio, da una Roma rediviva. L'equilibrio del duello però non è andato spezzandosi nemmeno quando la Juve si è calata nel ruolo di lepre. Anzi, assapora il terrore in undici giorni, tra Crotone, un parziale +9 e poi una rovesciata di Simy, il Napoli, lo scontro diretto in casa, la zuccata di Koulibaly in Zona Cesarini, quindi il bivio di San Siro. Il moderno regno bianconero mai era stato messo così in forse, così smarrito, sia nella freschezza fisica che nelle idee di gioco, con un solo punticino a dare ancora ragione alle residue certezze. L'harakiri sembra imporsi inevitabilmente quando crolla il monumento Barzagli ed insacca nella propria porta, al cospetto dell'Inter di Icardi in inferiorità numerica, in un Meazza vulcanico ai massimi storici per le tensioni dei Derby d'Italia. Ma, in un mondo o nell'altro, come scandirà la voce narrante, la Juventus-non muore-letteralmente-mai. L'ultimo graffio juventino di Gonzalo Higuain è in stile Liam Brady, con il gol da Scudetto nell'attimo più delicato. Un 2-1 da inferno in pochi giri di lancette trasformatosi in un paradisiaco 2-3, thriller sconvolgente per la fragilità emotiva di un Napoli non più bello e ormai sfibrato, che il giorno dopo a Firenze si lascia travolgere dai viola e alza bandiera bianca. La Juve chiude in carrozza, con la doppietta Scudetto e Coppa Italia, come da abbonamento del ciclo di Massimiliano Allegri giunto al quarto capitolo. L'allenatore livornese lo definirà lo scudetto dell'orgoglio, perché il più sofferto e combattuto dei suoi. Orgoglio che non ha sollevato la Coppa Campioni ma lì racchiude le due notti che più di tutte, forse, hanno gonfiato il petto degli juventini: Wembley e Santiago Bernabeu, Tottenham e Real Madrid, due rimonte da tramandare ai posteri. Una portata a termine con l'ausilio dei regolatori di battiti, l'altra mitologicamente sfiorata per questione di secondi. Ma con le ambizioni bianconere rilanciate sul livello delle dominatrici del Vecchio Continente: non più sogno, ma obiettivo. Dalla fine del sogno di Buffon, salutato tra le lacrime dopo 17 anni, all'obiettivo di Cristiano Ronaldo. L'ideale passaggio di consegne tra totem, celebratosi all'insaputa di tutti, in quella rovesciata che ha abbagliato lo Stadium, nell'ultima notte europea di Buffon di fronte ai propri tifosi che si spellavano le mani di fronte al numero 7 portoghese. Per la prima volta.
E allora riviviamola così, questa cavalcata. Riaccendendo la Radio e ritrovando le voci che si susseguono nel narrare i gol e i momenti, in un film radiofonico. La prima stagione intera di "Tutto il calcio" del dopo Riccardo Cucchi. Troviamo soprattutto i vari Repice, Bisantis, Delfino, Barchiesi. Purtroppo, per cause di forza maggiore, si nota come la voce "principale" di Giovanni Scaramuzzino abbia potuto incidere poco in questo racconto.
L'augurio di una buona stagione che verrà non si limita quindi all'auspicio di un grande spettacolo di campo per tutti i tifosi di tutte le squadre, ma anche in quello di poter tornare ad ascoltare la voce di "Giovannone" da tutti i campi di calcio, per "il più cordiale ben sintonizzati".
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lunedì 13 agosto 2018
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