di Stefano Stradotto
-ROMA, FORI IMPERIALI-
Si è dunque chiusa nel maestoso scenario dei Fori Imperiali, tra Colosseo e Altare della Patria, l'edizione numero 101 del Giro d'Italia. Un'edizione per la quale usare lo stesso aggettivo, maestosa per l'appunto, non appare esagerato e che dunque ha trovato conclusione quasi naturale nella Città Eterna, dopo essere partita dall'altra città al mondo probabilmente iconica e storica tanto quanto Roma, quale è Gerusalemme.
Lo scenario e l'impatto storico che solo la Capitale poteva regalare all'epilogo della corsa rosa si sono scontrati con quello che è l'ultimo, piccolo ma purtroppo attuale segmento di quella stessa storia, e dunque con l'incuria ed il pressapochismo della gestione politica capitolina degli ultimi anni, quale che sia la matrice politica dell'amministrazione di turno. Anche i corridori hanno dovuto dunque fare i conti con buche, rattoppi e dissestamenti pane quotidiano di tutti i romani (chi scrive compreso), discutendo della cosa con la giuria dopo alcuni chilometri e ottenendo la neutralizzazione in ottica classifica generale dopo appena tre giri del circuito di 11,5 km.
Detto dei problemi ormai atavici di Roma, resta però da capire la sostanza di quanto accaduto nello specifico, al di là dei facili titoli sulle proverbiali "buche di Roma" che in pochi si sono risparmiati. I sampietrini dell'arrivo sui Fori Imperiali, ad esempio, non sono affatto tra i peggiori e meno curati della città e risultavano non più insidiosi di un qualsiasi altro pavè di una qualsiasi città; la situazione di quel tratto di strada era, ad esempio, la stessa identica dell'arrivo di nove anni fa per il Giro del Centenario quando la crono si corse senza polemiche di sorta. Un altro tratto chiave del circuito come il chilometro e mezzo abbondante di via del Corso tra piazza del Popolo e Piazza Venezia, che abbiamo avuto la possibilità di percorrere interamente a piedi poco prima della tappa, si presentava perfettamente percorribile, liscio come un biliardo o quasi. Senz'altro le rimostranze del gruppo avranno preso le mosse da altri tratti ben noti per l'effetto montagne russe causa manto stradale inadeguato, come i tratti vallonati di Circo Massimo e Teatro Marcello, ed avranno avuto tutte le ragioni del caso. Resta il fatto che il confine tra ragione ed eccesso di prudenza da parte del gruppo ci appare francamente ben più labile di quanto non sia passato tramite i titoli strillati di cui sopra.
E' d'altronde situazione affatto rara che i corridori risultino particolarmente sensibili quando si tratta di circuiti cittadini e tanto più se gli stessi arrivano nell'ultima frazione, quando tre settimane di fatiche rendono indubbiamente più "suscettibili" in caso di maltempo, piuttosto che di circuito con troppe curve o altro ancora. La scena dei leader che presentano le istanze del gruppo alla giuria e chiedono neutralizzazioni anticipate l'abbiamo già vista svariate volte e altre ancora si ripeterà. Consultare per credere le cronache di due degli episodi in questione, i primi che abbiamo rintracciato, ma l'elenco potrebbe essere più lungo ed estendersi dall'Italia anche a corse estere:
http://www.baritoday.it/sport/giro-d-italia-arrivo-vittoria-bouhanni-caos-cadute-circuito.html
https://www.gazzetta.it/Speciali/Giroditalia/it/17-05-2009/-protesta-clamorosa-50415787388.shtml
Se consideriamo poi che la passerella finale di un Grande Giro, tra brindisi e foto ricordo, è di fatto già di per sè tradizionalmente "neutralizzata", è chiaro notare come la situazione di ieri, pur giustamente da affrontare, abbia creato polemiche di molto superiori alla reale entità del problema. Polemiche peraltro, si badi bene, ingigantite solo dalla stampa italiana, in quanto da una rapida rassegna stampa dei principali quotidiani sportivi e siti specializzati di ciclismo esteri abbiamo potuto rilevare come nessuno affronti o si preoccupi di approfondire il tema, se non annotandolo nella cronaca di tappa. Parlare di figuraccia internazionale quando poi gli "internazionali" stessi non parlano della cosa, appare dunque ascrivibile ad un vizio abbastanza praticato in Italia quale quello di darsi (oltremodo) addosso da soli.
Di tutto ciò la folla romana che assiepava il percorso, tra tifosi e turisti sorpresi o curiosi, ha colto poco o nulla accogliendo festosamente ogni passaggio della carovana, sotto un sole cocente che man mano scendeva verso il tramonto nascosto tra le rovine storiche dei Fori. Tanto più che una volta chiarita la situazione con la giuria, in gruppo è stata corsa vera, con tentativi di fuga, volata all'ultimo respiro ed incoronazione in rosa per Chris Froome.
Affrontata così l'ultima polemica dell'edizione di quest'anno è giunto il tradizionale momento di chiusura con le pagelle ai principali protagonisti di questa appassionante corsa rosa.
CHRIS FROOME voto 9
Era il favorito numero 1 della vigilia, è arrivato a Roma da vincitore. Messa così sembrerebbe essere stato tutto facile e nella norma. Nel mezzo però, le tre settimane più incredibili della carriera del britannico nato in Kenya e cresciuto in Sudafrica. Partito in condizioni non ottimali nè dal punto di vista mentale (per la nota e dibattuta vicenda salbutamolo che abbiamo diffusamente trattato nella scorsa puntata) nè dal punto di vista fisico (puntando anche sul Tour e dunque ad una crescita di condizione graduale nel corso delle settimane) a complicare ulteriormente il suo Giro sono arrivate le cadute di Gerusalemme e Montevergine che lo hanno indubbiamente ammaccato. Goffo, ancor più sgraziato del solito in bicicletta, continuamente staccato nella prima metà di Giro ogni volta che la strada cominciava a salire, per il re di quattro Tour il destino ormai ineluttabile sembrava essere quello del flop. Invece, improvvisamente, il primo squillo e proprio sulla salita più dura d'Europa, con uno splendido assolo sullo Zoncolan. Neanche il tempo però di ragionare sul suo ritorno in corsa per il successo finale che l'indomani a Sappada eccolo nuovamente staccarsi dai primi e pagare lo sforzo del giorno prima. A seguire anche la cronometro, buona ma non eccezionale, porterà tutti a giudicare impossibile una sua rimonta in ottica maglia rosa. A quel punto per Froome, distante oltre tre minuti dalla vetta della classifica, l'unica possibilità era quella di far saltare il banco, visto che un corridore in grado di trionfare quattro volte sui Campi Elisi non aveva certo nessun interesse a giocarsi con scatti negli ultimi chilometri il terzo gradino del podio. Ed è su questi presupposti, grazie anche alla solita organizzazione di Sky a sfiancare gli avversari nella prima parte del Colle delle Finestre, che nasce l'impresa più gigantesca del ciclismo moderno. Ottanta chilometri di fuga solitaria su tre salite per andarsi a prendere tappa e maglia, partendo dalla Cima Coppi sterrata, per infliggere più di 3 minuti ai primi avversari, 8 a Pozzovivo, quasi tre quarti d'ora alla maglia rosa del mattino Yates, sono una pagina epica che nessuno potrà dimenticare e condizioni che al Giro non si verificavano, con queste proporzioni, dai tempi di Coppi. Un trionfo tra difficoltà, cadute ed infine imprese storiche che avvicina forse per la prima volta Froome alla gente, e che crea i presupposti per rivedere, dopo 20 anni, nuovamente l'accoppiata Giro-Tour che riuscì per l'ultima volta a Pantani nel '98.
TOM DUMOULIN voto 8
Il vincitore uscente si è vestito di rosa a Gerusalemme ricominciando da dove aveva interrotto, in seguito ha corso un Giro a rincorrere, prima Simon Yates, poi Chris Froome. Un Dumoulin probabilmente meno brillante rispetto allo scorso anno (ma anche lui punterà al Tour tra un mese e mezzo) ha corso comunque con la solita grinta non mollando mai anche sulle salite più arcigne non adatte alle sue caratteristiche, facendo valere le sue doti da passista e alla fine risultando il più costante. Come detto si è trovato ad inseguire Yates, non riuscendo a superarlo nemmeno a cronometro, poi quando il britannico è crollato e per lui sembravano aprirsi le porte del bis si è trovato nuovamente al secondo posto, costretto ad inchinarsi all'impresa di Froome. In definitiva quello che gli è mancato, 46 secondi, è mancato proprio nella sua amata cronometro, specialità che lo vede campione del mondo in carica. Nella Trento-Rovereto è andato forte ma non fortissimo ed è questa forse la spia di una condizione diversa dallo scorso anno. In ogni caso complimenti, ed occhi su di lui al Tour.
MIGUEL ANGEL LOPEZ voto 7.5
Il giovane scalatore colombiano messosi già in mostra in salita al recente Tour of the alps strappa il podio al penultimo giorno andando forse oltre alle sue stesse aspettative, che probabilmente erano incentrate su un successo di tappa e sulla maglia bianca dei giovani. E' arrivata quest'ultima, senza assoli particolari ma con buona brillantezza e costanza. Il podio è stato dunque logica conseguenza della sua buona resistenza in quella che all'ultima settimana è diventata una gara ad eliminazione. Margini di crescita, a patto di non implodere come spesso accaduto a questi scalatori sudamericani dopo una o due annate esplosive.
RICHARD CARAPAZ voto 7.5
Interessante fino all'ultimo il suo duello per maglia bianca e podio con Lopez. Anche per lui stesse caratteristiche di freschezza giovanile e costanza. Non riesce a centrare podio e maglia dei giovani per pochi secondi, ma merita lo stesso voto del rivale in quanto l'ecuadoregno una tappa è riuscito a conquistarla, con una bella azione sotto la pioggia a Montevergine di Mercogliano. Per lui vale la stessa postilla fatta sopra per Miguel Angel Lopez.
DOMENICO POZZOVIVO voto 6
A 35 anni è il migliore degli italiani in classifica generale, e questo da un lato gli vale un encomio sentito, dall'altro accende un'ulteriore spia rossa sulla situazione del ciclismo italiano. Corre forse il miglior Giro della carriera, facendo valere tutta l'esperienza accumulata e la sua innata saggezza tattica. In salita è sempre con i primi, a cronometro non naufraga e così resta a lungo sul podio virtuale. Il difetto, ma più che altro una carenza ascrivibile alla sua poca esplosività, è quello di non provare mai uno scatto vero e proprio. Basterebbe comunque continuare a correre in questo modo per centrare il tanto agognato podio, ed invece sul più bello, proprio quando inizia lo sterrato del Finestre, la crisi, l'unica del Giro ma fatale per perdere quel gradino sul quale avrebbe anche meritato di salire. Avvicinandolo sul traguardo di Roma a fine Giro lo abbiamo visto scuro in volto come mai prima, mentre inforcava la sua bici per andare verso i pullman e sfilava davanti al palco premiazioni senza neanche guardarlo. Sa, in cuor suo, di aver perso probabilmente l'ultima occasione della sua carriera.
DAVIDE FORMOLO voto 6
Secondo italiano in classifica, strappa l'ingresso nella top ten con una bella azione nell'ultima salita di Cervinia. Il suo piazzamento è penalizzato da una caduta sulla salita dell'Etna che lo priva di 5 minuti abbondanti, andando a precludere già in avvio la sua classifica. Brillante in alcune tappe, meno in altre (vedi Zoncolan) ha comunque ancora ampi margini di crescita e dalla sua, a differenza di Pozzovivo, la giovane età.
SIMON YATES voto 6+
E' il protagonista assoluto di più di metà Giro, il dominatore. Dimostra di essere il più in forma di tutti già sul primo arrivo in salita dell'Etna (quando lascia la vittoria al compagno CHAVES, voto 6-, dopo quell'assolo il crollo ma il merito di arrivare a Roma anche in precarie condizioni) Yates sembra non volersi fermare e con esplosività ed azioni da predestinato domina e vince in maglia rosa sul Gran Sasso, ad Osimo e soprattutto a Sappada, quando compie l'impresa più bella del Giro fino a quella di Froome della settimana successiva. Anche a crono, dove sembra destinato a perdere la maglia, dà tutto e si difende invece alla grande. Una pagella che farebbe presupporre un voto vicino al 9. Indubbiamente, peccato però che il suo Giro duri 16 tappe e non 21. Nel momento decisivo il 25enne britannico crolla. Prima il cedimento di Prato Nevoso, poi la crisi storica del Colle delle Finestre dove paga 45 minuti, stesso distacco anche l'indomani a Cervinia. Ed allora emerge con evidenza come Yates abbia dato tutto, troppo, nelle prime due settimane, attaccando in ogni tappa per guadagnare in ottica cronometro, sprintando perfino sui traguardi volanti; una corsa di tre settimane esige invece un'oculata gestione delle forze, un'intelligenza tattica a tutto tondo, pena saltare in aria come gli è puntualmente capitato. Dunque sufficienza piena per lo spettacolo offerto, ma se il suo obiettivo era, come diceva, vincere il Giro, non è questo il modo giusto di correre. E' giovane, ci riproverà e sicuramente l'esperienza di questa pazza edizione gli sarà quantomai utile.
THIBAUT PINOT voto 5.5
Corre un Giro piuttosto opaco, non cercando quasi mai l'azione in salita ed andando in netta difficoltà sullo Zoncolan. Ha tuttavia il merito di restare a portata di podio e di sfoderare la miglior prestazione proprio nel giorno che sembra decisivo, quello del Colle delle Finestre dove si dimostra addirittura il più brillante e propositivo in salita tra quelli che inseguono Froome. Una prestazione che all'arrivo gli vale il podio virtuale. Ma l'indomani, anche per lui il crollo verticale, la sofferenza indicibile, i minuti che volano. Arriva a 45 minuti dal vincitore con la macchina di fine corsa alle spalle e in serata finisce in ospedale con febbre alta. Non arriverà a Roma.
ROHAN DENNIS voto 7.5
Lo specialista delle cronometro perde la prima maglia rosa per 2 secondi appena a Gerusalemme, ma la sfila a Dumoulin il giorno dopo grazie ad un traguardo volante portandola fino in Italia, sull'Etna. Si riprende alla grande il successo di tappa nell'altra crono di questa edizione, quella di Rovereto. Resta nei 10 in classifica fino alla penultima tappa quando anche lui crolla, ma avrà tempo negli anni a venire per verificare se possa essere o meno un corridore da podio in un Grande Giro.
ELIVA VIVIANI voto 8.5
Dopo il Giro negatogli dal Team Sky lo scorso anno, a pochi mesi dall'oro olimpico su pista di Rio, Viviani si riprende tutto con gli interessi in questa edizione, grazie anche a quello che riteniamo essere stato il miglior team del Giro, la Quick Step-Floors. Obiettivi dichiarati alla vigilia: tre tappe e la maglia ciclamino. Di tappe ne centra quattro e la maglia la porta dal secondo giorno fin sui Fori Imperiali. Regali tutti gli sprint vincenti, vince il duello con l'altro velocista di punta di questa edizione, l'irlandese Bennett. Peccato per gli ultimi 50 metri della volata finale di Roma in cui gli mancano le gambe, ma il pavè favoriva un corridore più massiccio e potente come il rivale. Si consola comunque con l'apoteosi sul podio per ricevere la maglia a cui tanto teneva, conquistata con le quattro volate ma anche sprintando per la maggior parte dei traguardi intermedi.
SAM BENNETT voto 8
Come detto è l'altro grande protagonista delle volate, in cui fa valere la sua potenza fisica. Il traguardo finale di un Grande Giro ha sempre il valore di una sorta di Classica e crediamo che la foto con il braccio al cielo mentre taglia il traguardo con il Colosseo sullo sfondo troverà posto su qualche parete. Un irlandese non vinceva al Giro da trent'anni, l'ultimo Roche, in un colpo solo è diventato anche il plurivincitore al Giro tra i suoi connazionali.
ENRICO BATTAGLIN voto 7
Unico altro italiano a portare a casa una tappa a parte Viviani. Torna al successo al Giro dopo quattro anni di digiuno in cui ha disatteso le grandi aspettative dei suoi esordi, quando si sperava potesse diventare un uomo da Classiche per il nostro ciclismo. Bellissima l'azione vincente di Santa Ninfa, in Sicilia, si piazza sul podio in altre due circostanze. Auspichiamo sia per lui un nuovo inizio.
SACHA MODOLO voto 4
Ci si aspettava potesse duellare con Viviani in volata, arricchendo il sofferente bottino azzurro, invece manca praticamente tutti gli sprint non dimostrandosi mai competitivo.
FABIO ARU voto 3
La grande delusione, in quello che purtroppo rischia di essere non solo un fallimento relativo a questa edizione ma anche lo spartiacque di un'intera carriera. Lo si aspettava alla consacrazione, i 28 anni erano il momento giusto e decisivo per dimostrare una volta per tutte di essere un campione, per dare seguito ai due ottimi podi al Giro di tre e quattro anni fa e alla Vuelta vinta. Tutto era apparecchiato per far bene, il cambio di squadra, con il passaggio in qualità di leader unico alla Uae di Saronni, la preparazione mirata, il Giro come obiettivo principale della stagione assieme al Mondiale di Innsbruck. Ed è forse stato proprio questo il problema. La crisi di Aru è apparsa infatti soprattutto mentale piuttosto che fisica. Il ragazzo sembra non aver retto alla pressione, scoraggiandosi oltremodo dopo le prime difficoltà in salita. Inutile sottolineare come la parte mentale debba rappresentare un punto fondamentale nel percorso di chi vuole affermarsi come campione. In attesa di conoscere esiti di eventuali approfondimenti medici sul suo stato di salute, la sensazione netta è dunque questa e la bocciatura non può che essere sonora. Anche perchè dopo il cedimento c'è stata la resa vera e propria, quando a Sappada si è lasciato sfilare dal gruppo pensando di mettere il piede a terra, cosa che ha fatto comunque pochi giorni dopo prima ancora di attaccare il Colle delle Finestre. Perfino nel giorno migliore, paradossalmente quello della crono sua "nemica" storica, gli è andato tutto storto vista la penalizzazione per presunta scia da una moto. Proprio la bella prova a cronometro ci riporta comunque alla considerazione che il fisico tutto sommato non stesse poi così male e che la crisi sia stata mentale. In ogni caso, è tutto sbagliato è tutto da rifare, come avrebbe detto Bartali. Speriamo che il diretto interessato e che gli sta intorno lo facciano bene, ed in fretta.
ANDRONI GIOCATTOLI SIDERMEC voto 7+
La squadra dello storico d.s. Gianni Savio centra un invidiabile record: almeno un uomo in fuga in tutte le tappe in linea! Non arriva nessun successo, ma alla fine i ragazzi di Savio vengono premiati dal riuscire in ogni a caso a salire sul podio di Roma con i premi per combattività e chilometri di fuga conquistati da Ballerini e Frapporti.
ORGANIZZAZIONE GIRO voto 9
Il Giro d'Italia si conferma la corsa a tappe più spettacolare e meglio disegnata tra le tre in calendario. Come abbiamo sempre detto anche la conformazione del nostro territorio aiuta gli organizzatori, agevolandone il lavoro, ma ancora una volta ci sentiamo di dire che il disegno proposto da Vegni e soci sia stato da applausi. Quest'anno la novità di proporre ben tre arrivi in salita già nella prima settimana ha creato fin da subito battaglia ed incertezza, infiammando la lotta che in altre circostanze stentava ad accendersi in attesa della seconda metà di Giro. Mai un giorno di noia, battaglia e ribaltoni costanti, merito dei corridori che hanno indubbiamente affrontato con impegno encomiabile il Giro ma naturalmente l'assist arrivava dai percorsi delle 21 frazioni. Un Giro anche equilibrato, in cui tutti avevano pane per i propri denti: 8 arrivi in salita, 7 in volata, 4 su tracciati mossi in stile Classica da fughe, 2 cronometro. Ecco, forse gli unici a potersi lamentare possono essere i cronoman, specie quelli che lottano per la classifica generale, visto che i chilometri contro il tempo erano appena 43, meno della metà rispetto a tante altre edizioni passate. Ma ci sentiamo di sposare anche questa linea, in quanto spesso è accaduto che la differenza fatta a cronometro squilibrasse troppo i valori rendendo impossibili rimonte sulle residue salite. Si può sempre migliorare, ma il Giro ci sembra sempre più sulla strada giusta per avvicinare i livelli di prestigio e seguito del Tour. Qualche difetto c'è, vedi la partenza estera che in molti poco digeriamo, anche se in questo caso la sede di Gerusalemme ed i significati profondi che la legavano alla sede di arrivo finale, Roma, mitigano in parte il fastidio. Sempre rivedibili a nostro avviso le scelte dei team invitati; se alcuni, come la Androni o la Bardiani, hanno onorato il Giro dando spettacolo, altri, ad esempio il team israeliano, si sono visti poco o nulla. A casa è invece rimasta la Nippo-Fantini di un Damiano Cunego che avrebbe meritato, nell'ultimo anno di carriera, di poter salutare un Giro che aveva conquistato nel 2004 appena 22enne e che, tra successi e delusioni, ha sempre e comunque onorato.
Per quanto ci riguarda l'appuntamento è a tra poche ore per la chiusura del blob radiofonico dedicato al Giro
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