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di Stefano Stradotto
Il Giro d'Italia 2018 ha ancora il suo padrone ma al tempo stesso è più aperto che mai. Alla vigilia delle due tappe più attese di questa edizione, Simon Yates è infatti sempre maglia rosa, ma la tappa con traguardo sulla non impossibile ascesa di Prato Nevoso, disputata giovedì, ci ha consegnato per la prima volta un'immagine del corridore britannico in difficoltà.
Prima di questo, ci eravamo lasciati alle spalle giornate in cui Yates aveva continuato a correre da autentico padrone del Giro, come fatto in pratica dall'inizio, dal primo arrivo in salita, quello dell'Etna. Sullo Zoncolan avevamo assistito alla rinascita di Chris Froome, capace di andarsi a prendere alla sua maniera la montagna più iconica dopo giorni di difficoltà, ma Yates non aveva mollato braccando il connazionale al quale non aveva lasciato che pochi metri di vantaggio, e guadagnando a sua volta sui rivali diretti. Il vero capolavoro della maglia rosa era arrivato però l'indomani, nella tappa dolomitica con arrivo a Sappada, nella quale Yates ha regalato una delle più belle imprese realizzate da una maglia rosa in tempi recenti. Scattato sulla penultima salita, a oltre 15 km dal traguardo e con ancora una discesa ed una nuova ascesa da affrontare, si era lasciato alle spalle la concorrenza di quasi un minuto dando spettacolo, mentre dietro gli avversari diretti si erano persi in vicendevoli ed inutili schermaglie perdendo ancor più terreno.
Nella temuta cronometro trentina era quindi arrivata la semplice conferma del suo stato di grazia a livello di condizione fisica, dato che dallo specialista Tom Dumoulin, secondo nella generale, aveva contenuto il distacco in un minuto e mezzo scarso, circa la metà di quello che temeva di dover pagare sul traguardo di Rovereto.
Seppur con soli 56" di vantaggio la maglia rosa di Yates appariva dunque in cassaforte, visto che in salita Dumoulin, per caratteristiche e per condizione, gli era sempre stato inferiore in questo Giro e visto che da qui al termine i corridori erano attesi dalle montagne più dure. Pozzovivo e Froome, poi, ad oltre 3 minuti di distacco, sembravano ormai destinati a doversi giocare semplicemente il podio.
Ed invece, nella tappa potenzialmente più insignificante del trittico conclusivo (prima della passerella di Roma), l'inatteso cedimento. La frazione peraltro era andata via tranquilla, con la prima fuga di corridori fuori classifica andata in porto dall'inzio del Giro, e non ci si aspettava più di tanto nella lotta tra i big, anche in vista delle due giornate ben più impegnative che sarebbero seguite. Dumoulin ci ha provato una prima volta e Yates ha risposto con sicurezza, ma è stato un successivo attacco di Froome a far staccare per la prima volta il leader, con Froome, Pozzovivo e Dumoulin che a quel punto sono arrivati insieme al traguardo infliggendo una trentina di secondi a Yates. I secondi di vantaggio di Yates su Dumoulin sono ora appena 28, quasi nulla considerando che nelle due tappe di Bardonecchia e Cervinia potrà accadere davvero di tutto; motivo per il quale anche Pozzovivo e Froome, staccati al momento rispettivamente di 2'43" e 3'22", possono coltivare sogni di ribaltone.
La tappa più dura e senz'altro le prima delle due, quella che presenta la Cima Coppi di questa edizione, il Colle delle Finestre con le sue pendenze arcigne ed il suo sterrato temutissimo, in uno scenario ancora parzialmente innevato. La salita viene affrontata a metà tappa e dunque rischia di risultare non decisiva nelle tattiche di squadra, ma crediamo che la selezione arriverà in modo naturale ed automatico, tanto più in considerazione del fatto che i corridori la affrontano con tre settimane di corsa nelle gambe. A quel punto una crisi potrebbe essere fatale, in quanto seguiranno le ascese di Sestriere (facile) e dello Jafferau (durissima). Una giornata in cui rischiano di volare minuti. Non da meno, anche se teoricamente con pendenze meno proibitive, la tappa di Cervinia, con altre tre salite che potranno scompaginare ulteriormente le carte.
Yates è ancora davanti ed è ancora il favorito visto che si corre sul suo terreno; tuttavia l'incognita per il giovane britannico era la terza settimana, visto che per la prima volta si trova ad affrontarla da leader della corsa. La tenuta fisica e mentale a fronte di una tale pressione è un punto interrogativo in primis per lui, ed il cedimento di Prato Nevoso sembra essere lì a dimostrarlo. Altri cedimenti simili nei tapponi ben più impegnativi che lo attendono, significherebbero dire addio alla maglia rosa.
Allo stesso tempo Dumoulin non sembra essere quello dello scorso anno, la cronometro buona ma non eccezionale che ha disputato da campione del mondo della specialità lo ha certificato. E' senz'altro più esperto del rivale, ma le tappe che mancano sono senza dubbio le meno digeribili per le sue caratteristiche. Ecco allora che non è affatto improbabile prevedere che anche l'olandese possa perdere terreno dal Colle delle Finestre in poi.
A questo punto speranze ancora aperte per il terzo e quarto della generale. Domenico Pozzovivo a 35 anni sta disputando il miglior Giro della carriera. Esperienza e condizione smagliante gli hanno garantito prestazioni sempre eccellenti ed un'invidiabile freschezza, anche mentale, nella gestione delle situazioni di corsa. E' un corridore regolare, andato in crescendo con gli anni (anche l'anno scorso sfiorò il podio). Il suo problema è da sempre quello di non essere dotato di uno scatto bruciante tale da poter fare differenze con i rivali, ma a questo punto con la forma che ha tutto può accadere.
Ma è Froome il corridore che può forse davvero fungere da ago della bilancia di questa due giorni. In crescita nella seconda metà di Giro, ha dato segnali contraddittori: impresa epica sullo Zoncolan, nuovo cedimento a Sappada, cronometro molto buona anche se non eccezionale, di nuovo all'attacco con profitto a Prato Nevoso. L'impressione è che il britannico abbia più voglia di far saltare il banco e provare a vincere il Giro, piuttosto che giocarsi il terzo gradino del podio con Pozzovivo sul filo dei secondi. Riuscisse a trovare finalmente continuità con un paio di giornate simili a quella dello Zoncolan, potrebbe anche riuscirci. Da non sottovalutare, in quest'ottica, che Froome pare essere l'unico dei quattro pretendenti ad avere un compagno, l'olandese Poels, in grado di aiutarlo in maniera efficace in salita nei momenti chiave della tappa.
Comunque vada a finire sarà di certo spettacolo.
Postilla finale su Fabio Aru: come accennato nella nostra precedente puntata, le difficoltà del sardo sembrano essere soprattutto mentali. A Sappada è arrivato il definitivo crollo, con Aru che ha mollato quasi volontariamente la coda del gruppo arrendendosi ed arrivando a un passo dal ritiro, poi dissuaso dal team. Sono stati effettuati anche esami medici i cui risultati potranno forse svelare altro, e francamente sarebbe auspicabile rintracciare in un qualche virus la causa di un simile fallimento. Ma quanto accaduto nella cronometro di Rovereto sembrerebbe smentire l'ipotesi, dal momento che sorprendentemente Aru ha disputato la miglior crono della carriera, ed al netto della penalizzazione per scia irregolare dietro una moto, non si offre una prestazione del genere su 35 km di cronometro se non si è in salute. Ci auguriamo di vederlo magari in fuga, nelle due tappe di montagna restanti, alla ricerca di un successo di giornata. Dopodichè sarà fondamentale che chi di dovere, Aru in primis ma anche la squadra a partire dal presidente Beppe Saronni, capiscano cause e problematiche reali, fisiche o psicologiche che siano, per non disperdere un patrimonio che avrebbe potuto, e speriamo possa ancora, fare le fortune del ragazzo e dell'intero ciclismo italiano.
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venerdì 25 maggio 2018
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