di Jacopo Ramponi e Filippo Bergamini per #tuttoilcalcioblog
Torna la nostra rubrica di storie con un'altra puntata avvincente.
Il calcio, come ben sappiamo non è solo schemi, tattica e moduli.
Nel calcio possiamo trovare la più primordiale e genuina delle emozioni: il divertimento. Pensiamo a tutti
quegli “Olè” di entusiasmo negli stadi dopo un dribbling secco, dalla terza categoria alla serie A ciò che
scalda gli animi ancor più del risultato è la giocata; come ogni artista ha la sua mano anche tra i più grandi
del pallone vi sono marchi distintivi che rimarranno sempre nella storia.
1) L’elastico di Rivelino
Roberto Rivellino (alias Rivelino) è stato tra i giocatori più “moderni” del calcio passato, ala sinistra con
una tecnica fuori dal comune si laureò campione del mondo col suo Brasile ai Mondiali in Messico del 1970.
E’ proprio qui che esibì la sua inimitabile giocata, l’elastico.
Chiunque di noi, sin da piccolo ha provato a imitarlo: pallone incollato all’esterno piede che con un tocco
improvviso d’interno cambia direzione in modo repentino, proprio come fosse un elastico, in un sinuoso
movimento che ricorda quello di un serpente. Giocata resa poi celebre in epoca recente da Ronaldinho.
2) Il dribbling di Garrincha
Manoel Francisco dos Santos era matto veramente, oltre alla sua passione sfrenata per donne e alcool
ricordiamo il suo curioso nomignolo “Garrincha”, attribuitogli dalla sorella per il minuto aspetto che lo
rendeva simile al piccolo volatile sudamericano. Anche in campo i suoi movimenti erano unici: un’andatura
caracollante con finte fulminee che ricordavano proprio i saltelli del passero.
Da tutto questo ne esce fuori un dribbling difficile da descrivere ma facilissimo da apprezzare: Garrincha
balla con l’avversario, lui si muove e la palla rimane ferma. In questo curioso ballo è talmente bravo da
mandare sempre fuori tempo il diretto marcatore, lo ubriaca per meglio dire, portandolo esattamente dove
vuole
3) La Boba di D’Alessandro
Tra argentini e brasiliani non corre buon sangue da generazioni, ma Andrès Nicolàs D’Alessandro,
argentino
di nascita e di scuola calcistica è riuscito a farsi amare in terra verdeoro come nessuno prima d’ora. Il perché
di ciò trova risposta nei suoi piedi e nella sua fantasia, trequartista che parla la lingua universale del calcio
spettacolo, tanto da essere definito da Maradona come “l’unico che mi diverte quando guardo una partita”.
Andrès ha trovato la sua seconda casa all’Internacional di Porto Alegre, dove ha deliziato il pubblico dello
Stadio Gigante da Beira-Rio con il suo marchio di fabbrica: La Boba.
La Boba è una finta che “enboba” l’avversario, ovvero lo imbambola, palla portata indietro con la suola,
fermata con l’interno e lanciata avanti, sotto le gambe o sul lato debole del difensore. Una giocata tanto
semplice quanto efficace.
4) La roulette di Zidane
Zinedine Zidane non ha certo bisogno di presentazioni e il suo cavallo di battaglia è in linea con il
suo modo
di esprimere calcio, riassumibile in una sola parola: eleganza.
La roulette non è una giocata di velocità o di potenza pura ma richiede un’intelligenza e una lettura del gioco
fuori dal comune, un capolavoro decisamente imprevedibile. La sfera viene prima accarezzata con la suola di
un piede, per poi seguire il fluido movimento di rotazione del corpo attorno al proprio asse, guidata dalla
suola dell’altro.
Meravigliosamente inaspettata.
5) No Look di Ronaldinho
Ronaldinho è quel giocatore che ha incantato tutti noi nativi degli anni 90, quello che mi piace definire come
il calciatore più divertente di tutti i tempi. La sua forza era proprio la capacità di essere decisivo divertendo,
di risultare sempre innovativo e mai prevedibile in ogni suo movimento. E’ stato veramente difficile
scegliere solo una sua giocata, lo abbiamo visto a suo agio con il Sombrero, con il doppio passo, con
l’elastico e con la Rabona, ma tra tutti queste finte e colpi di genio spicca il cosiddetto passaggio No Look.
Come suggerisce il nome gli occhi e la testa sono rivolti in un punto, il pallone invece viene proiettato nella
zona di terreno non coperta dal campo visivo. La genialità di questa giocata nasce dagli spazi che Dinho è
sempre stato in grado di aprire per i compagni e dal fatto che tutte le attenzioni dei difensori fossero
focalizzate su di lui in quel preciso istante. Quindi se vi viene la brillante idea che Ronaldinho possa non
vedere un compagno che arriva in sovrapposizione a 25 metri da lui preparatevi a rimanere stupiti, ne sanno
qualcosa le migliori difese d’Europa.
Filippo Bergamini
#TICBemozioni
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giovedì 8 giugno 2017
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