di Jacopo Ramponi e Filippo Bergamini per #tuttoilcalcioblog
Torna la nostra rubrica di storie con un'altra puntata avvincente. A curarla è una new entry nel nostro gruppo: Filippo Bergamini che affiancherà Jacopo nella cura di questa rubrica
Questa potrebbe essere una storia come tante. Potrebbe essere la storia di uno di quegli attaccanti sudamericani che finiscono sui nostri album di figurine con il sorriso stampato in faccia ed i capelli lunghi e disordinati, uno dei tanti che sentiamo nominare di sfuggita mentre guardiamo distrattamente le sintesi dei campionati minori, uno di quelli che magari chiude anche la stagione in doppia cifra, ma finisce poi per tornare in patria quando il salto di categoria non arriva e le gambe cominciano a farsi pesanti. E invece signori no, questa volta la storia cambia.
Julio Valentín Ferreira González nasce ad Asunción, capitale del Paraguay, il 26 Agosto 1981, muove i primi passi calcistici con la squadra della sua città, il Guaranì, mettendo a segno 17 reti in 29 presenze, non male per un ragazzino di 20 anni, attaccante di fisico con una discreta tecnica individuale, uno di quelli in grado di fare "la boa" che lotta coi difensori e che non disdegna le sportellate sulla trequarti avversaria; è a questo punto che il Vicenza mette gli occhi su di lui e decide di acquistarlo nel giugno del 2000, salvo poi girarlo in prestito in Sudamerica per qualche anno: prima Argentina con l'Huracan, poi nuovamente Paraguay con Tacuary, Nacional e Sport Colombia. Fa ritorno nel nostro Veneto nel Dicembre del 2004 e qui troverà continuità e reti con i biancorossi, sarà infatti mister Giancarlo Camolese a puntare su di lui e Julio lo ripagherà a suon di gol, arrivando un anno dopo il suo approdo a Vicenza ad 8 marcature in 15 gare disputate, candidandosi così ad un posto nell’alto della classifica cannonieri della Serie B. Nel frattempo Julio si toglie qualche soddisfazione anche con la maglia del suo Paraguay, arrivando fino alla finale delle Olimpiadi di Atene nel 2004 che varrà la medaglia d’argento ai ragazzi di Ruiz, sconfitti solo dall’Argentina di Tévez, Saviola e Mascherano.
Julio Valentín Ferreira González ha 24 anni compiuti, voglia di giocare, di segnare e fiducia nei propri mezzi: lo nota la Roma che non perde tempo e decide subito di fargli firmare un precontratto per portarselo a Trigoria la stagione successiva. Tutto sembra portare questo ragazzone verso i palcoscenici “che contano” e, diciamolo, chi di noi non vorrebbe l’occasione di poter chiudere gli occhi fuori dal tunnel dell’Olimpico, ascoltando il fragore assordante del tifo giallorosso? Purtroppo, come annunciato, questa storia non è come le altre.
Sono le 5 di mattina del 22 Dicembre 2005 e Julio sta percorrendo l’A4 tra Grisignano e Padova
Ovest; sta portando il suo compagno e amico, il difensore argentino Ruben Grighini all’aeroporto quando i due rimangono coinvolti in un tremendo incidente: l’auto arresta la sua corsa contro un Tir, tamponandolo violentemente, Ruben riesce ad uscire dall’auto e cerca di chiamare aiuto, fermando un auto e riportando una frattura al perone mentre Julio viene ricoverato a Padova in prognosi riservata. Saranno 24 ore lunghissime in cui l’attaccante paraguayano verrà sottoposto a una trentina di trasfusioni sanguigne, poi ad un lungo intervento chirurgico per scacciare la più catastrofica delle ipotesi; sono necessarie ben 12 ore sotto i ferri per stabilizzare i parametri vitali, il ragazzo è fuori pericolo e il suo pensiero al risveglio va subito al compagno di squadra che si trovava in auto con lui: “Ruben non è mica morto, vero?”. Gonzàlez riesce a sopravvivere al terribile schianto ma purtroppo il destino decide di lasciargli un tremendo ricordo dell’episodio: il 17 Gennaio un crudele bollettino medico non lascia spazio a false speranze, i medici non sono riusciti a salvare il braccio sinistro che dovrà essere amputato, un verdetto veramente spietato per il centravanti di Asunciòn. Nel momento più duro della sua carriera e della sua vita Julio decide di fare quello che ha sempre fatto in campo: lottare, lottare, lottare; si rifugia nelle persone a lui care e nella sua forte fede cristiana:
“Ho capito che cosa ho rischiato. Essere vivo è già un dono di Dio, tornare a casa e poter parlare e giocare con i miei due bambini è un dono di Dio”.
Può sembrare un concetto banale e semplicistico ma ciò che ci mantiene vivi è rincorrere qualcosa, è proprio così che Julio Valentín Ferreira González decide che non è certo momento per accontentarsi, e, ironia della sorte, sceglie proprio di ricominciare a rincorrere quel pallone a cui deve tutto, con il sorriso e con la forza di chi può apprezzare ancora di più questo sport che ci fa dannare ogni maledetta Domenica, allo stadio, su un vecchio divano scolorito o sul sedile di un’utilitaria, ascoltando la radio gracchiare. Così, nell'estate del 2006; dopo aver lavorato a testa bassa con il doppio delle motivazioni di qualsiasi diciottenne, Gonzales è quasi pronto per il rientro sul prato dello stadio Romeo Menti di Vicenza per l’inizio della nuova stagione, i test atletici infatti sono tutti positivi e l’entusiasmo per il suo ritorno al calcio giocato è alle stelle.
E’ proprio a questo punto che la nostra storia si ferma nel modo più deludente e freddamente assurdo possibile, mancata idoneità sportiva. Queste tre parole suonano veramente in modo doloroso per un ragazzo in forze, sano, pieno di motivazioni, con una testa, due gambe, due piedi ma un solo braccio; Julio non può tornare a giocare in Italia a livello professionistico ma solamente tra le file dei dilettanti per via di una regola che vieta l’utilizzo di protesi artificiali in campo. E’ a questo punto che
l’attaccante sceglie ancora una volta nel modo più romantico possibile, non tanto con il cuore quanto con lo stomaco, con la fame di chi non può accettare che sia la burocrazia a scrivere la parola fine, così nel Luglio del 2007 fa ritorno in patria, nella sua Asunciòn con la maglia bianconera del Tacuary che già in passato aveva vestito ed è proprio con questa maglia che il 16 Novembre riuscirà a ritornare sul rettangolo verde tra i professionisti, nella sfida con l’Olimpia Asunciòn, in una giornata di festa per lui e per tutti coloro che non hanno mai smesso di credere che quel ragazzone sorridente potesse davvero tornare a giocare.
"Ho passato momenti molto difficili nella mia vita, ma non ho mai smesso di credere in Dio che ora mi dà un'altra volta l'allegria e la possibilità di fare quello che più mi piace: giocare a calcio[…] la mia famiglia mi ha appoggiato in tutto ed io ho fatto tutto quello che era possibile per realizzare questo sogno".
Con l’augurio di poter trovare un po’ di Julio González in ogni giornata storta, ogni volta che sentiamo le voci di sottofondo dirci “non ce la farai mai”, nella vita, a scuola, a lavoro o semplicemente su un campo da calcio, perché possiamo rimanere vivi per sempre se troviamo qualcosa da rincorrere.
Filippo Bergamini
#TICBemozioni
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giovedì 4 maggio 2017
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