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giovedì 25 maggio 2017
16:00

Calcio-Miracoli: Battaglia di Santiago

di Jacopo Ramponi e Filippo Bergamini per #tuttoilcalcioblog

Torna la nostra rubrica di storie con un'altra puntata avvincente. 

“Buon pomeriggio. L'incontro a cui state per assistere è l'esibizione di calcio più stupida, spaventosa, sgradevole e vergognosa, verosimilmente, nella storia di questo sport”

Queste sono state le parole del telecronista David Coleman, trasmesse dalla tv inglese prima dell’inizio della partita tra Cile e Italia, giocata il 2 Giugno 1962 a Santiago di Cile e valevole per il mondiale di calcio.

Molte emittenti del vecchio continente, data la violenza impressa sulle pellicole, hanno deciso di proiettare un filmato di avvertimento prima della partita, per avvisare i più sensibili alle immagini forti. I tifosi europei dovevano attendere che le pellicole venissero trasportate in aereo da una parte all’altra dell’oceano, ai tempi non esistevano i satelliti.

La storia di questo avvenimento è paragonabile ad una palla di neve lasciata sulla cima di una montagna che, andando a valle aumenta sempre più di grandezza. Da cosa nasce cosa e il risultato è uno spaventoso episodio di calcio, ma chi ha spinto giù per la montagna la palla di neve?

Tutto è iniziato il 10 Giugno 1953, la commissione FIFA è riunita a Lisbona per scegliere la sede della fase finale dei mondiali di calcio del 1962. Dopo la scrematura dei mesi precedenti, sono rimasti in corsa Germania Ovest, Argentina e Cile. I tedeschi si ritirano all’ultimo, così la commissione premia il Cile con 32 voti a 11 sull’Argentina.

Solito procedimento, dopo la scelta della sede si passa alle qualificazioni continentali e al sorteggio dei gruppi per la fase finale. Una volta ottenuti tutti i 16 finalisti, la commissione FIFA inizia a sorteggiare e definire i gironi. I padroni di casa capitano in quello più duro, insieme ad Italia, Germania e Svizzera.

Come è normale che sia prima di un mondiale, la stampa di questi quattro paesi inizia a parlare sempre più l’uno dell’altro. Qua entrano in gioco due personaggi fondamentali della storia, i giornalisti italiani Antonio Ghirelli (Corriere della sera) e Carlo Pizzinelli (Resto del Carlino). Loro hanno avuto il ruolo di sferrare il primo colpo: Andando ad indagare nella nazione andina hanno scritto articoli riguardante la situazione sociale del paese, parlando soprattutto di spaccio, prostituzione e corruzione. I cileni, che avevano gli occhi puntati sulla nostra stampa, non l’hanno presa per niente bene.

La tensione mediatica andava crescendo di giorno in giorno, stava avvenendo una sorta di battaglia giornalistica a suon di articoli di giornale. Gli italiani parlavano dei lati negativi del Cile, mentre i cileni rispondevano con affermazioni come “Anche noi abbiamo visto la povertà nel sud Italia, però preferiamo parlare delle meraviglie di Venezia e Firenze”. Le ostilità si sono trasmesse dalla carta alla realtà, al punto che in un locale di Santiago, qualche sera prima dell’inizio del mondiale, un giornalista argentino è stato scambiato per italiano ed è stato pestato dai presenti.

Ciliegina sulla torta, la selezione azzurra arrivava in Cile con una formazione ricca di oriundi, tra i
quali Omar Sivori e Humberto Maschio, di origine argentina, e Josè Altafini dal Brasile. Neanche a dirlo, la stampa li ha iniziati a dipingere come traditori, se a tutto ciò si somma la grande rivalità tra cileni e argentini, si ottiene una bomba ad orologeria pronta ad esplodere.

Le premesse non erano delle più amichevoli e tutti lo sapevano, si è quindi cercato di arginare la situazione. Innanzitutto è stato cambiato l’arbitro designato, era stato scelto lo spagnolo Ortiz De Mendibil, ma visto che poteva aver tendenze simpatizzanti per i padroni di casa (anche loro di lingua spagnola) è stato incaricato l’inglese Ken Aston. Anche la FIGC dalla lontana Italia ha provato a fare qualcosa, ha fatto comprare agli azzurri centinaia di garofani bianchi da lanciare verso il pubblico all’entrata in campo in segno di pace. Il risultato? Una bordata di fischi e urla.

Giovanni Ferrari e Paolo Mazza, allora allenatori della nazionale italiana, sapevano che non c’era verso di calmare i cileni. Sono quindi intervenuti sulla formazione con un massiccio turnover, onde evitare infortuni di violenza sui giocatori migliori della rosa. Sarebbero rimasti in panchina sei dei titolari, tra i quali Lorenzo Buffon, Cesare Maldini, Gianni Rivera e Omar Sivori.

Premesse finite. 2 Giugno 1962, ore 15:00 UTC -4, Estadio Nacional De Chile, fischio d’inizio.

Nei primi cinque minuti la palla circola velocemente, come una patata bollente di mano in mano, i giocatori sapevano che tenendola avrebbero rischiato grosso di subire dei falli criminali. Al settimo minuto la prima ostilità: Honorino Landa entra a gamba tesa su Giorgio Ferrini, l’arbitro non fischia e l’azzurro la prende male, da terra scaglia un calcione sul cileno. Si accende la rissa, molti sono intorno all’arbitro per protestare e, visto che quest’ultimo non vede, Leonel Sanchez (figlio del famoso pugile cileno Juan Sanchez) sferra un pugno fortissimo in faccia ad Humberto Maschio. L’azzurro, colpito al volto, rimane stordito per il resto della partita, non poteva essere sostituito perché allora non era ancora consentito farlo.

Si prosegue con la “giusta” espulsione di Ferrini che, in segno di protesta si rifiuta di abbandonare il campo, costringendo così i Carabineros De Chile ad entrare per farlo uscire. L’Italia rimane virtualmente in nove, visto che uno dei giocatori è in stato di confusione per il pugno in faccia.

Avanti fino al 38esimo minuto, Leonel Sanchez approfitta della superiorità numerica per compiere una cavalcata veloce sulla fascia, cadendo poi per terra dopo un fallo regolarissimo dell’italiano Mario David. Il guardalinee messicano Fernando Buergo non segnala il fallo e il figlio del pugile non la prende bene, si alza velocemente e scaglia un pugno sul volto di David. Beffa delle beffe, ne’ l’assistente di linea ne’ l’arbitro segnalano il fallo, anzi, danno addirittura fallo in favore del Cile. Apriti cielo. L’azzurro David attende pochi minuti ed entra a gamba altissima sul cileno irascibile, colpendogli la spalla a tacchetto pieno, subendo poi la “giusta” espulsione.

Italia in nove (virtualmente in otto), Cile spinto dal pubblico di casa e dalla rabbia. Al 74esimo minuto, dopo ben tre interventi in campo dei carabinieri cileni, i padroni di casa passano in vantaggio con il gol di Ramirez. All’88esimo la chiudono con Jorge Luis Toro Sanchez, 2-0 per gli andini.

In virtù degli altri risultati passano ai quarti Germania Ovest come prima e Cile come secondo, i primi verranno eliminati subito dopo dalla Jugoslavia, i secondi perderanno in semifinale con i brasiliani che alla fine vinceranno anche la coppa.

La stampa italiana si scaglia su Ken Aston con titoli come “L’Italia ha perso contro l’arbitro”. Il popolo, aizzato dai media, se la prende con i cileni in Italia, al punto che la prefettura di Milano ha dovuto addirittura mettere per diversi giorni dei militari a sorvegliare il consolato cileno.

Anni dopo, l’arbitro inglese è tornato a parlare ai giornali riguardo la vicenda di Santiago, dichiarando di non essersi sentito partecipe ad una partita quanto più ad una battaglia, giustificando i mancati rossi ai cileni dicendo che se li avesse tirati fuori avrebbe innervosito all’esagerazione il pubblico.

Ognuno tragga le sue conclusioni. Possiamo condividere o meno le decisioni arbitrali, il risultato o le
mosse dei media, ma una sola cosa ci mette d’accordo: Dopo tutto questo polverone sollevato per una partita, si può dire che il calcio NON è solo uno sport. Si, è una attività sportiva, ma muove, unisce e a volte divide le masse. Ciò che trasmette emozioni non può essere definito “solo” uno sport.

L’intera vicenda si conclude in modo ironico. Pochi mesi dopo questo avvenimento, Leonel Sanchez venne chiamato per fare un provino con il Milan, nel quale giocava anche Mario David. La società decise di includerlo in rosa e i due, davanti alla stampa, si sono dichiarati “grandi amici”.

Jacopo Ramponi

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