#tuttoilcalcioblog
di Stefano Stradotto
Il risveglio più tardi del solito, il suono delle campane, l'odore del sugo per il pranzo in famiglia, la passeggiata fino all'edicola per comprare la Gazzetta... Rituali ripetuti centinaia di volte, anno dopo anno, e che definiscono inequivocabilmente un'unica giornata, la domenica. In quei rituali mattutini, cui fa seguito il pranzo, si innesta poi quello del calcio e di quella radio che puntualmente si accende, sintonizzata su un'unica frequenza. A quel punto rituale, come le campane, il sugo, la passeggiata, diventa inconsapevolmente (per il suo proprietario..) anche una voce, anzi una serie di voci.. Una serie che varia settimana dopo settimana, accorciata poi nel corso degli anni a beneficio delle pay tv, ma sempre aperta, rassicurante, da un unico e inconfondibile timbro, quello di Riccardo Cucchi.
Per chi come il sottoscritto si accosta al calcio e alla radio verso i 7-8 anni il momento in cui quello di Tutto il calcio minuto per minuto si aggiunge agli altri rituali domenicali è esattamente quello del passaggio di consegne per il campo principale della trasmissione più longeva d'Italia, con Sandro Ciotti che si fa da parte lasciando l'onore e l'onere di aprire quella serie di voci proprio al giovane ma già affermato collega. Il calcio stesso si appresta a un ideale passaggio di consegne, quello tra l'era pre e post televisioni a pagamento, che si presenta all'orizzonte come una minaccia concreta per la salute del campionato alla radio.. Cucchi si mette in testa al gruppo a tirare, come in un'ideale corsa ciclistica che attraversa più insidie e perturbazioni di quanto non si fossero trovati a fare i suoi predecessori, forti di un monopolio del calcio alla radio mai scalfito fino agli anni '90. Il gruppo alle spalle di Riccardo, che prosegue a tirare con la classe e la stoffa del capitano abbinate all'umiltà intelligente del gregario, va via via scremandosi nel momento in cui i pioli della scaletta domenicale (Provenzali dixit) diminuiscono anno dopo anno. Ma la tradizione e la sacralità radiofonica di quel rito resistono nonostante tutto, nonostante i pochi campi, nonostante il saluto, inevitabile, di tanti altri colleghi, e se questo accade è in gran parte per merito della certezza rappresentata dalla voce di Cucchi dal campo principale.
Per l'ascoltatore, nella fattispecie per quel bambino che cresce domenica dopo domenica, le emozioni diventano, come sempre accade, ricordi... il pomeriggio in giro per la città con la famiglia prima o con gli amici in seguito, attaccato alla radiolina, tutte le volte in cui la voce di Cucchi interrompe per un gol della tua squadra del cuore e già il fatto che ci sia lui a raccontare quella partita ti dà un senso completamente diverso di importanza e pathos, quella volta che durante una partita della Nazionale all'Europeo un blackout manda al buio tutti i palazzi del circondario e tu, in un'epoca dove non ci sono ancora gli smartphone, piazzi la radiolina a tutto volume sul balcone in una notte estiva che al suono della voce di Cucchi richiama alla finestra gran parte dei vicini... Ricordi che si susseguono a ritmo incalzante, quasi quanto quello del suo racconto di un'azione, di una partita, con la differenza che i ricordi a volte sono sfumati, tanti altri sfuggono alla memoria mentre le sue radiocronache no, non sfumano non sfuggono alla professionalità abbinata alla signorilità, non sfuggono nemmeno ad uno stile pulito mai sopra le righe, ad un lessico che preserva la lingua italiana martoriata da chi il calcio lo racconta in ben altro modo in tv, uno stile che diventa emblema e punto di riferimento. Il calcio cambia e il dibattito si inasprisce, anche il giornalismo perde in gran parte il suo stile ed ecco allora che Cucchi diventa un porto sicuro nel quale trovare ancora quell'eleganza, quell'equilibrio e quella passione autentica per lo sport, senza implicazioni di sorta. Lo diventa ogni domenica stagione dopo stagione, in particolare nel momento più atteso della stagione stessa, lo scudetto, la proclamazione del campione d'Italia, accompagnata dalla sensazione che senza l'annuncio di Cucchi non possa essere davvero ed ufficialmente scudetto.. E quel senso di equilibrio e professionalità, quello stile di cui sopra, ti porta ad attendere quel momento anche se non c'è la tua squadra del cuore a giocarsi il titolo, ti porta a sperare che accada anche se non ti riguarda in prima persona e a goderne nel momento in cui "campioni d'Italia" viene annunciato dalla sua voce, perfino se tu sei interista e la squadra che ha appena vinto lo scudetto è la Juventus, o magari viceversa.. Un paradosso, forse, ma assolutamente reale per chi comprende cosa significhi passione per la radio, ed un paradosso che rappresenta anche il miglior riconoscimento a quello stile che Cucchi in quasi 40 anni di carriera ha voluto sempre seguire e perseguire. Uno stile che poi si è trovato a trasmettere, negli ultimi dieci anni da caporedattore, ai suoi colleghi più giovani, gli stessi che da oggi prenderanno il suo testimone e che di quello stile dovranno essere depositari e custodi.
Il flusso dei ricordi nel frattempo arriva quasi al termine, come un'azione raccontata da Cucchi che si snoda dall'area di rigore a quella opposta.. Ed è il ricordo di un pomeriggio di aprile di non molti anni fa, un pomeriggio in cui il caso fa sì che l'incontro con quella signorilità diventi tangibile e non più solamente veicolato da una radio, per un incontro che permette di toccare con mano anche la disponibilità nell'ospitarmi a Saxa Rubra all'interno del suo ufficio, e di poter vedere anche a microfono spento quanto il suo lavoro fosse mosso principalmente da una smisurata passione.
Perchè è in definitiva anche questo il bello della radio, essere accomunati dalla passione, radiocronisti ed ascoltatori, perchè quei rituali di cui sopra sono stati gli stessi del Riccardo bambino e ragazzo all'ascolto di Ameri e Ciotti e torneranno gli stessi da domenica prossima per il Riccardo di oggi all'ascolto di Repice e Corsini. Nel mezzo, più scudetti annunciati di quanto non abbia fatto Ameri, l'esempio da maestro di giornalismo dato a Repice e agli altri, e tanto altro ancora...
Stamattina, un'altra domenica, come sempre, anche se il suono delle campane arriva magari più in lontananza, a quella tavola per il pranzo si siedono in meno, quell'edicola in cui comprare il giornale è molto meno affollata.. Ma tra poco quel campo principale, per un'ultima volta, avrà quel suono così familiare..
Una canzone di qualche anno fa recitava "da quando Baggio non gioca più, non è più domenica".. Dalle 17 di oggi per tutti noi lo sarà sicuramente un po' meno...
Grazie Cucchi, e, ancora una volta, linea a San Siro.
#TICBemozioni
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domenica 12 febbraio 2017
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