#tuttoilcalcioblog
di Francesco Furlan
Vincitore di giornata: Ugo Russo
Mi sento un poco in imbarazzo a dover parlare della messa a riposo (brutta espressione se ce n’è una) di Russo. Lo hanno già fatto in tantissimi e con modalità che certamente sono più adatte rispetto a quanto potrei fare io. Mi limito a dire che con Russo va in pensione un modo di fare sport alla radio di cui si va, purtroppo, perdendo lo stampo. Quella modalità da cui traspare sempre una grande passione per ciò che si racconta, ma in cui non si enfatizza qualsiasi cosa avvenga. Quella modalità che era patrimonio di quella vecchia scuola ben incarnata da personaggi come Forma, Raffa, da Simonetta Martellini e da Ugo Russo, giusto per citare gli ultimi che sono usciti dalla squadra. Per parte mia, il ricordo più nitido che ho di Russo è quello legato ad un clamoroso fiasco: l’esercizio di Carolina Kostner (che, se non ricordo male, a quell’Olimpiade era stata la nostra portabandiera) ai Giochi Invernali di Torino. Mi ricordo bene il suo racconto perché lo ascoltai in auto, mentre stavo andando ad arbitrare. Una tensione ed una delusione che si percepivano quasi fisicamente nelle parole di Russo. L’importanza di simili personaggi la percepiamo forse sempre con un filo di ritardo, quando non ci sono più. Come capita del resto a quei calciatori di sostanza, che magari non riempiono le copertine dei giornali, ma senza i quali una squadra perde un po’ della sua anima.
Top
Manuela Collazzo: si può dire che la pallavolo abbia trovato l’erede della Martellini ? Tutto sommato, penso di sì. Chiaro, a Manuela Collazzo (che pure di gavetta nei palazzetti ne sta facendo tanta, da qualche anno) manca quell’esperienza e quella capacità di leggere le partite che la Martellini aveva invece in abbondanza. Però, sia nella sfortunata rassegna iridata maschile, sia nel Mondiale Italiano femminile, la nostra si è egregiamente disimpegnata, avendo a disposizione anche molto spazio nelle varie trasmissioni sportive in diretta. Peccato abbia mancato quella che è stata la più bella partita dell’Italia (decorosamente rimpiazzata da un Avallone che nel volley è sempre molto più a suo agio che nel calcio) e peccato anche per qualche comprensibilissima imprecisione dettata sicuramente dalla stanchezza negli ultimi due giorni di cronaca (sabato sera ha visto una pipe giocata dalla Arrighetti…). Piccolezze, rispetto al buon risultato finale e, soprattutto, rispetto al disastroso duo che ha imperversato alla tivù.
Antonio Lopez: bella prestazione anche per l’inviato in Calabria, che quest’anno non aveva finora mai particolarmente brillato. Molto bravo nel descrivere il brutto incidente di gioco al portiere del Crotone, è anche fortunato perché racconta in diretta i primi due gol del Pescara (molto bene, temporeggiando per tentare di riconoscere i marcatori). Ottimo anche nella ripresa, quando la partita cala un poco di ritmo; eccellente nel finale quando, dopo che il Crotone ha riaperto la partita, racconta bene il tentativo di rimonta, definitivamente frustrato nel finale. Termina la partita in debito di voce, come capitava talvolta anche al Raffa: aria della Calabria o generosità addirittura in eccesso per entrambi ?
Mauro Carafa: stiamo parlando di un regionale, ma davvero mi risulta incomprensibile il motivo per cui Carafa venga impiegato con tanta parsimonia. Ogni volta che lo si ascolta, da prima o da seconda voce, il nostro dà sempre l’impressione di essere uno dei migliori a raccontare le partite e ancor più di “leggerle” tatticamente. Mi auguro davvero che lo si possa sentire con un poca più di frequenza e non solo quando qualche titolare (ieri è toccato a Monaco) è impegnato altrimenti.
Flop
Francesco Repice: ogni tanto, nelle clip che commemorano i novant’anni della radio Italiana, passano le tre reti di Italia-Germania del 1982 raccontate da Ameri. Sentite e risentite diecine di volte, ma ogni volta si resta abbastanza sopresi nel sentire non solo la linearità del racconto (la lunghissima azione che porta al due a zero, davvero la si “vede”), ma anche la sobrietà con cui il gol viene descritto (un “reteeeee” un poco più lungo ed a tono di voce leggermente più alto di quanto Ameri fosse abituato a fare). Evidentemente di acqua (inquinata) sotto i ponti deve esserne passata parecchia se adesso siamo costretti a subire urli ed iperboli anche per una striminzita vittoria su una superpotenza del calcio Mondiale qual è l’Azerbaijan. Ma tant’è: temo che oramai Repice sia prigioniero del personaggio che si è costruito e dal quale non riesce più ad uscire. Peccato.
Maurizio Colantoni/Consuelo Mangifesta: è, a mio modo di vedere, semplicemente scandaloso che per un Mondiale di pallavolo organizzato in casa ed in cui si ha pure la fortuna di vedere la nostra Nazionale arrivare fra le prime quattro, si lasci la prima voce della pallavolo a seguire le due imperdibili partite della Nazionale di calcio contro Azeri e Maltesi. Il buon Colantoni ha provato a fare un poca di pratica di pallavolo negli ultimi anni, ma uno che continua a chiamare “pipe” qualsiasi attacco dalla zona sei (fosse anche una palla appoggiata nel campo avverso dopo un’alzata che magari arriva da un recupero difensivo in tribuna), evidentemente ha bisogno di qualche altra ripetizione. Ancor peggio per la seconda voce: Galli e Lucchetta, ciascuno col suo stile (più pacato il primo, più esuberante e teatrale il secondo) riescono sempre a dare un qualcosa in più alla telecronaca, facendo capire anche ai profani tanti particolari tecnici che altrimenti sfuggirebbero. Alla Mangifesta la passione e la competenza non mancherebbero, ma se si limita a fare la capo-tifosa, non commentando gli errori delle nostre giocatrici ed facendo qualche urletto di esultanza in caso di punto dopo azioni combattute, la sua utilità è prossima allo zero. Davvero fastidioso poi, da parte di entrambi, (specie negli ultimi due giorni) il pianginismo su qualche errore arbitrale vero o presunto: nel volley gli errori arbitrali (a meno che non arrivino sul 15-14 del quinto set) non sono MAI determinanti. Lamentarsi di un tocco a muro non visto sul 4-3, è parte di quella “cultura degli alibi” che dagli anni Novanta Velasco ha provato ad estirpare dal volley Italiano. Con ottimi risultati, direi. Cerchiamo, almeno in questo campo, di non tornare indietro di vent’anni.
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lunedì 13 ottobre 2014
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