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domenica 13 luglio 2014

Lo strazio del Brasile più triste di sempre

#tuttoilcalcioblog
di Marco D'Alessandro - Il 13 Luglio di due anni fa, Alfredo Provenzali raggiungeva il suo campo per destinazione. Noi non abbiamo ancora smesso di commuoverci al suo ricordo e gli facciamo gli auguri per il suo 80° compleanno. Chissà se, in qualunque posto si trovi ora, si sarà gustato questi Mondiali e a chi starà donando il lusso della sua radiocronaca. Nei tempi d'oro in cui la sua voce scandiva gli eventi, gli capitò di raccontare l'edizione di Italia '90 e, in particolare, un Brasile-Argentina disputatosi allo Stadio Delle Alpi di Torino. L'albiceleste di Maradona eliminò i verdeoro agli ottavi di finale. Un Brasile che incocciò su tre montanti e perse nei minuti finali grazie ad un azione in cui Diego furoreggiò e spedì Caniggia verso l'appuntamento con il gol. Per tanti critici, quello è stato il più brutto Brasile della storia. Con una ventina d'anni di distanza è un primato da riscrivere. Il Brasile del Mondiale brasiliano del 2014 rimarrà incastonato, per chissà quanto, come il punto più basso della leggenda selecao. La rassegna programmata per il sesto titolo iridato e per cacciare via l'incubo del 1950, una volta per tutte, si è tramutato in un disastro totale che le antiche ferite le ha ingigantite, aggiungendo una macchia ancora più scomoda, perchè è stata presa letteralmente a picconate l'immagine storica della prima scuola calcistica al mondo. O meglio, ex. Il verdeoro non è più la maglia del futebol bailado, dei fenomeni, del gioco più bello. Una lenta involuzione sviluppata nei decenni e mascherata dai fuoriclasse che hanno aggiunto stelle sul petto pur di fronte ad una snaturalizzazione della mentalità brasiliana. Destino ha voluto che le riserve di benzina e di talento si esaurissero proprio sul più bello e proprio di fronte all'appuntamento da non fallire. Lo sconclusionato e caotico Brasile di Felipe Scolari non ne aveva proprio più. Ma l'illusione aveva preso il sopravvento 12 mesi fa, in occasione della Confederations Cup, quando i verdeoro esibirono i muscoli contro Spagna e Italia, non sapendo di aver fatto i bulli contro due nazionali che, assieme a lei, viaggiavano verso la categoria del cimitero degli elefanti.
Il debutto brasiliano nel Mondiale è vincente, ma scialbo e parecchio discusso per l'arbitraggio che svoltò la partita con un gentile omaggio al cinema di Fred, aggiunto alla tutt'altro che brillante reattività dell'estremo difensore croato. Il Brasile dei sorrisi e della gioia si rendeva antipatico agli occhi di tutti. La partita inaugurale del Campionato del Mondo 2014 fu raccontata così da Giuseppe Bisantis.

Dopo Brasile-Croazia 3-1 ci domandiamo se fosse iniziata l'operazione di trascinamento dei padroni di casa. Dobbiamo però ammettere che, strada facendo, abbiamo visto edizioni con arbitraggi molto più sfacciatamente di parte. Il Brasile ha ricevuto in dote un girone di medio livello (ad altri è andata meglio), accoppiato nel tabellone  degli ottavi ad uno con Spagna, Cile ed Olanda: mica pizza e fichi, si direbbe. La selecao avanza d'inerzia soffrendo le pene dell'inferno contro il Cile, dopo aver passato il turno grazie alle fiammate di Neymar, più che altri fattori. Brasile-Cile è una delle partite che passano alla storia del romanzo mondiale 2014. La rojas che va ad un millimetro dal colpaccio. La raccontò uno scatenatissimo Francesco Repice in quasi tre ore memorabili di radiocronaca a Belo Horizonte. Sembra una città benedetta per Neymar e compagni. Il "PANICO" che incuotevano i cileni ogni volta che si presentavano nella tre-quarti d'attacco e "l'apice delle emozioni" su una traversa di Pinilla colpita all'ultimo minuto supplementari, che ancora vibra. I rigori che esaltano l'emozione di "Julione" Cesar, uno dei rari brasiliani galantuomini con un carattere d'altritempi. Il Cile eliminato da una traversa ed un palo interno. Il Mineirao sembra proteggere una squadra che in un'altra sede Mondiale non avrebbe scampo, invece le sta solo nascondendo una terribile sorpresa.

Parrebbero i crismi di una svolta che cementa un gruppo fin troppo teso ed emotivo, oltre che limitato. Sembra una di quelle partitacce di cui, una volta superato l'ostacolo, la strada sembrerebbe profilarsi in discesa. Anche perchè il temutissimo quarto di finale contro la sorprendentissima Colombia viene assolto con molta più leggerezza di quanto non si fosse immaginato alla vigilia. Ma sul 2-1 si abbatteva la tegola dell'infortunio alla stellina di Neymar che gettava sconforto e anche pensieri fin troppo esagerati su Zuniga, l'autore dell'intervento che ha disgraziatamente messo ko una vertebra del numero 10. Non essendoci stato un disegno criminoso da parte del colombiano, parrebbe fuori luogo lamentarsi ad oltranza, anche perchè nemmeno una sedia elettrica avrebbe giustiziato un guasto del tutto involontario. Nessun dettaglio potrà mai rappresentare una giustificazione sufficiente per ciò che è accaduto al Mineirao di Belo Horizonte. Brasile-Germania 1-7 è il più grosso colpo di scena mai visto nella storia dei Mondiali. E' una storia da tramandare alle generazioni. E' il Brasile che rassegna le dimissioni da Brasile. E' un primo tempo in cui la Germania mette in scena il giudizio universale ed infierisce con gli sberloni su un bambino al quale sono state rubate le caramelle e il lecca-lecca. Accade perchè Nationalmannschaft è l'esatto contrario del Brasile del presente: giovani talenti autentici, gioco travolgente, idee chiare e mai nulla per caso. I brasiliani sembrano i tedeschi, dice un Francesco Repice tra i migliori della sua carriera radiocronistica. Si rovescia un concetto storico e si scava oltre il fantasma del passato: non è un Maracanazo, è qualcosa di più. Perchè l'Uruguay fu "semplicemente" una beffa, qui è il fondo mai toccato prima. Da Brasile-Germania 1-7, l'anno zero di una storia pallonara.

La finalina del terzo posto è considerata utile come una cena con la propria suocera. Ma Brasile-Olanda mette in luce una disfatta-bis e la conferma che non era solo una serata con Saturno contro, ma proprio un capolinea tecnico. C'era una volta il Brasile che insegnava e garantiva calcio gioioso in qualsiasi occasione, che sia una partita amichevole o una finalissima. Il Brasile invece soccombe fin dal principio. L'Olanda potrebbe maramaldeggiare, ma arriva allo 0-3 quasi non volendo e non patendo mai una reazione verdeoro nemmeno degna di un solletico. Del Brasile resta solo il nome. Non c'è la gioia del ragazzino nella sigla animata FIFA. Non c'è più uno straccio di talento e quei pochissimi che si salverebbero, nel vero Brasile galleggerebbero a bagnomaria tra panchina e tribuna (per essere generosi). Il Brasile trasmette tristezza come non mai. Il Brasile che irrideva oggi viene irriso, come Emanuele Dotto e Ugo Russo si sono concessi il lusso di fare nella loro radiocronaca, con alcuni singoli (in particolare, Jo) e parlando di "povero Brasile". I pentacampioni sono diventati poveri. A Brasilia è un funerale del Brasile che fu.

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