Giovanni Scaramuzzino: diciamo la verità: una giornata come quella di ieri gli appassionati di ciclismo la aspettavano da un bel poco di tempo, viste le magre rimediate dai nostri corridori agli ultimi Tour ed anche all’ultimo Giro. Scaramuzzino, sempre puntuale per tutta la cronaca nel corso del pomeriggio, si è riscaldato non appena l’azione di Nibali è partita. E da lì è stato un crescendo addirittura fin troppo esaltante, dato che negli ultimi metri, il buon Giovanni è un po’ trasceso, passando a spingere il ciclista Siciliano con il “tu”, chiudendo con un tono “da curva” degno del Galeazzi dei tempi migliori, ai limiti della commozione. Glielo perdoniamo più che volentieri: chissà che magari nel prosieguo della corsa si possano vivere altri momenti così esaltanti.
Giulio Delfino: anche l’ottimo Giulio torna al suo sport d’elezione dopo la parentesi Mondiale (la sua prima) in chiaroscuro. Nella giornata di sabato non manca di girare il coltello nella piaga per la sciagurata scelta della Ferrari, che porta la scuderia di Maranello a partire dalle retrovie. Fa un poca di confusione sulla drammatica partenza della gara, quando attribuisce a Massa colpe che per una volta il pilota Brasiliano non ha. Si ravvede subito, sottolineando anzi come la manovra dell’ex ferrarista abbia evitato guai forse definitivi a Raikkonen. Bene anche nel resto della gara, anche se gli episodi salienti finiscono quasi tutto fuori diretta a causa delle famose pause “obbligatorie”. Racconta da par suo anche il duello fra Alonso e Vettel per i posti di rincalzo. Oltretutto, nello spot per i novant’anni della Rai che segue il Gr delle 15, sentiamo anche una sua radiocronaca d’annata: quella di una delle tante vittorie di Schumacher (in questo caso in lotta con Hakkinen). Un riconoscimento dovuto, vista la passione con cui da tanti anni ci racconta l’automobilismo alla radio.
Emanuele Dotto/Ugo Russo (Olanda-Costarica): fortuna che ci pensano i due veterani a salvare una due giorni di quarti di finale radiofonicamente parlando tutt’altro che memorabile. Si sente fin dall’inizio che sono belli carichi, con Russo che ancora una volta si assume il compito di “paladino” della squadra teoricamente sfavorita (a proposito: complimenti ancora una volta alla Rai TV, che ha indovinato in pieno la partita da trasmettere. Del resto, quando ci si mette nella condizione di essere obbligati a scegliere…). La cronaca di Dotto è, come sempre, un profluvio di trovate: dalle “squadre abbottonate come piumini”, a Robben che “deve cantare e portare la croce e pure la corona di spine”, alla citazione di Guglielmo il Taciturno. Vittima preferita degli strali di Emanuele stavolta è il malcapitato Kuyt, visto che per tre volte si premura di specificarci che i suoi piedi sono tutt’altra cosa rispetto a quelli dello scatenato Robben. I tempi supplementari (“chiamati” più volte da Russo durante i novanta minuti) scorrono divertenti con un concentrato di emozioni sempre più rutilante. Un Russo al massimo dell’esaltazione, mette ancora una volta in risalto la prestazione dei Costaricani (o Costaricensi ? Boh…) pagati solo “poche centinaia di migliaia di Euro” (!) eppure arrivati alla soglia delle semifinali. Finale con elogio scontato al mago Van Gaal (paragonato da Dotto a Von Clausewitz) per il cambio in extremis del portiere. Altra serata di grande radio. Complimenti ai due “vecchietti” (detto con affetto ed ammirazione, eh…).
Nel 1986 Maradona più altri otto scarponi (Burruchaga e Valdano emergevano nella mediocrità) regalavano il Mondiale all’Argentina (e se hanno sollevato la Coppa gente personaggi come Cuciuffo o Giusti, forse un po’ di speranza ce l’hanno anche Abate o Montolivo…il problema è che il nostro Maradona sarebbe Pirlo…). Ultimi fuochi di grande Rai: gustiamoci questa sequenza pubblicitaria decisamente vintage (lo slogan di uno degli spot diventerà addirittura proverbiale), preceduta dalla spot di rete per un filmone hollywoddiano e da un annuncio della sempre bellissima Marina Morgan. Fra l’altro, nei primi secondi dell’edizione del Tg1 si sente pure parlare di un fatto di cronaca nera che in quell’anno fece parecchio scalpore:
Francesco Repice: dopo l’esaltante racconto di Brasile-Cile, serata perfettamente dimenticabile per il Nostro, impegnato ancora una volta nella partita dei padroni di casa. Che qualcosa sia andato storto, lo ha con tutta onestà ammesso lo stesso Repice, nel suo posto su Facebook, nel quale ha di fatto messo in risalto, scusandosene, gli errori dell’altra sera. Piuttosto eclatante quello sul marcatore dell’1-0 Brasiliano, quando, in un’azione oltretutto di lettura piuttosto facile, scambia Thiago Silva con Fernandinho. Altre piccole imperfezioni proseguono per tutti i novanta minuti. Battaglia persa quella sul suo famoso “rrrete” che pare oramai definitivamente cassato i favore di quelle urla belluine che, personalmente (come ben sa chi legge questa rubrica), il sottoscritto ama poco o punto. Io spero sempre in un’inversione di tendenza, ma temo che ci sia poco da fare. In bocca al lupo, naturalmente, a Repice per il prossimo appuntamento con il Brasile, sperando che la sua cronaca sia anche un po’ meno “casalinga” (e, mi raccomando, le pronunce dei calciatori Tedeschi…).
Massimo Barchiesi (Francia-Germania): la stanchezza si fa sentire eccome per i nostri eroi. E così, dopo uno splendido Costarica-Grecia negli ottavi di finale, anche Barchiesi infila una prestazione piuttosto scialba per lo scialbo derby Europeo. Buona la descrizione del gol di Hummels, però in tutti i novanta minuti gli fa un poco difetto quel ritmo che è una delle sue caratteristiche precipue. Aiutato discretamente da Fortuna, riesce ad arrivare quasi senza danni fino alla fine, ma purtroppo per lui prende un abbaglio clamoroso sull’ultima azione della partita, quando giudica sulla traversa il tiro di Benzema, in realtà respinto da Neuer. E qui, purtroppo, si capisce una vola di più quanto bravi siano i nostri radiocronisti a prendere così pochi abbagli, raccontando la partita dalla TV. La smanacciata del portierone tedesco sarebbe stata senz’altro evidentissima “dal vivo”; invece a Barchiesi e Fortuna è stato necessario il replay. Infine, giriamo ancora una volta il coltello nella piaga delle pronunce Tedesche, con il malcapitato Schuerrle che diventa: Schorle, Schur (!) e Schuerl. Va beh, dai, stavolta può passare, visto che il nome è di pronuncia non facilissima anche per un madre lingua. Per Barchiesi e Fortuna, comunque, un Mondiale più che positivo.
Giuseppe Bisantis (Argentina-Belgio): pomeriggio non particolarmente felice per il buon Giuseppe, un poco inceppatosi dopo la buona partenza con Argentina-Bosnia e Uruguay-Inghilterra. A sua discolpa, va detto che da quella partita risolta da Suarez, gli sono sempre toccati incontri fra i più brutti del Mondiale. Non ha fatto eccezione neanche la gara di Brasilia, dove le emozioni hanno latitato a lungo, facendo emergere il solito lato “stenografico” di Bisantis. Sorpreso con un bicchiere di limonata fresca in mano anche sul gol di Higuain (ma si riscatta alla grande con un “rrrrrrrete” che ci piacerebbe sentire anche da altri suoi colleghi…). Completa una prestazione non esaltante con il servizio al Gr2 delle 7.30 in cui affibbia alla compagine Belga il nomignolo di “Furie Rosse”, con grande scorno dei tifosi Spagnoli, convinti che la loro squadra fosse stata eliminata nel girone. Complessivamente, fin qui, devo dire che dall’unico inviato in Brasile oltre ai due che dovevano seguire l’Italia mi aspettavo qualcosa di più. Confido in un pronto riscatto nell’ultima parte del Mondiale, sperando che le sue partite siano finalmente, anche sul campo, un tantinello più vivaci.
Stavolta, prendiamo in senso un poco più lato l’appuntamento con l’ Orchestra della Rai. Non perché non si esibisse nell’edizione di “Fantastico 7” del 1986 (la direzione musicale era affidata al Maestro Pippo Caruso, uno dei fedelissimi di Pippo Baudo). Ma stavolta ci preme rivedere in tutto il suo splendore una vecchia amica di Radio Uno, purtroppo cassata dall’attuale direzione, che in compenso ci ammannisce Fiorello in tutte le salse ed a tutte le ore del giorno e della notte. La coreografia della sigla iniziale (deliziosamente e, vorrei dire, pacchianamente anni ’80) è di un altro mostro sacro dei varietà Rai, Gino Landi:
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