Basta qualche goccia di pioggia ad un'oretta dal via a stravolgere una scaletta che pareva già scritta in una delle gare più emozionanti degli ultimi venti anni, in cui tutti hanno potuto sognare e trattenere il respiro. Stavolta con i cuori ferraristi che sono tornati matti, a rivivere momenti dimenticati. Le Safety Car cancellano quello che sembrava un monologo del biondino argentato e la gara impazzisce, con ognuno che va per le sue. La premessa è d'obbligo: solo con una gara pazza, come da ammissione di Alonso, si può ammirare il rosso così protagonista. Ma colui che guida la Ferrari col numero 14 sul musetto ha l'innata capacità di saper affilare le armi a puntino in qualsiasi situazione e sfruttare a meraviglia ogni margine che gli concede la sorte della corsa. Anche e soprattutto con la peggiore Ferrari degli ultimi 22 anni, che porta a sfiorare una vittoria che avrebbe assunto contorni mitologici.
La F14 davanti alle due Mercedes: l'immagine del Miracolo Alonso |
E' un pilota da Mondiale uno come Hamilton, che parte dal fondo, sciorina sorpassi facendo ricordare Mansell per lo spettacolo e riesce a conquistare un podio arrivando davanti al compagno-rivale, che tanto bene non l'ha presa: Rosberg è leader del Mondiale, ma a rubare l'occhio e strappare l'applauso è Lewis. Il duello promette l'esplosione, anche a seguito del discutibilissimo ordine di scuderia rifiutato da Hamilton, di cedere una posizione a Rosberg. E' una grande promessa quel Ricciardo che vince la sua seconda gara al primo anno alla guida di una Red Bull di cui è già prima guida mettendo in imbarazzo un quattro volte campione del mondo, dimostrando stoffa in tutti i momenti delicati delle gare: sa spingere quando si necessita di spingere, sa frenarsi quando non bisogna lasciarsi prendere, sa vincere con i sorpassi e le strategie. Capolavoro il sorpasso su Hamilton che gli spiana la strada verso la vittoria, così come la scelta di operare tre soste in tre momenti azzeccati, arrivando nel finale con le gomme fresche. Solo una resistenza assoluto dell'inglese avrebbe potuto regalare la vittoria allo spagnolo, ma l'australiano col sorrisone a 33 denti era inesorabile. Tre grandi piloti sul podio, raramente come a Budapest si può parlare di tre vincitori. E si deve parlare di vittoria della Formula Uno, in tempi in cui gli spettatori fuggono dagli spalti (spazi sempre più vuoti anche in autodromi insospettabili). La Formula Noia dei tassisti non c'è ed ora, dopo una gara così, sarà in grado di farsi rimpiangere per il mese di vacanza. Si tornerà a rombare tra quattro settimane, a Spa: l'università.
Ma prima rigodiamoci tutto il meglio di quello che Giulio Delfino ci ha raccontato nella Domenica d'Ungheria.
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