Lunedì 11 novembre Rai Uno ha trasmesso una fiction su Gigi Meroni ispirata alla vita del talento del Torino, morto prematuramente nel 1967, e al libro di Nando Dalla Chiesa "La farfalla granata". Tra le tante castronerie storiche contenute nel film - davvero di basso livello, come scritto anche da Aldo Grasso sul Corriere della Sera e da Massimo Gramellini sulla Stampa - ce n'è anche una su Tutto il calcio minuto per minuto. Quando si racconta dell'esordio in A di Meroni con il Genoa, si mostrano i famigliari seduti attorno al tavolo della cucina con la radio accesa, in attesa del collegamento con Tutto il calcio. Parte una sigletta che ricorda vagamente quella storica, ma è impossibile, visto che a quei tempi e fino alla riforma del 1976 la trasmissione non aveva una sigla. Poi c'è un conduttore che dice di trasmettere "dallo studio centrale di Roma", quando è risaputo che andava in onda dalla sede di Corso Sempione a Milano. Al momento del gol di Meroni, al 25' del primo tempo, la famiglia di Meroni esulta, ma in realtà non aveva potuto farlo, semplicemente perché all'epoca la radio trasmetteva soltanto i secondi tempi delle partite. Ciliegina sulla torta: viene fatta raccontare l'ultima partita del talento granata prima della morte da un improbabile Sandro Ciotti già anziano, come la maggior parte di noi lo ricorda, ma nel 1967 aveva appena 38 anni e aveva tutto fuorché l'aspetto di un pensionato. Insomma, un vero disastro. Consoliamoci con questo ricordo di Ciotti scritto da Sergio Meda per Panorama il 18 luglio di quest'anno, in occasione del decennale della morte del grandissimo radiocronista.
Imperdonabili, almeno questo consentitecelo, i colletti a punta delle sue camicie, spropositati, e le cravatte a tinta unita, molto spesso color lucido da scarpe. Prediligeva il marrone o le tinte verso il blu. Facevano molto Sandro Ciotti, scomparso esattamente dieci anni fa. In alcuni casi – amava anche il blu elettrico - in televisione gli fecero cambiare la cravatta perché in video dava bagliori. In gergo “sparava”. In Tv lo abbiamo però visto di rado, negli ultimi Festival di Sanremo che ha seguito e in rare altre occasioni, canore o musicali, in cui faceva il giurato o l’ospite. Di quelle apparizioni si stupivano i meno provveduti, ignari che del Festival Sandro era socio onorario, avendone frequentati e raccontati 40, il più delle volte in radio. Casa sua. Abbigliamento a parte, Sandro Ciotti era impeccabile, molto più a suo agio con indosso la tuta carta da zucchero delle maestranze Rai, quelle delle radiocronache in moto al Giro d’Italia o in macchina con Alfredo Provenzali, che in smoking. Il vestito da pinguino a suo dire lo “imbelliva”. Aveva grande ironia Sandro, sempre sotto traccia, incapace di prendersi sul serio. Una dote di famiglia. Le voci, sino a qualche anno fa, calamitavano la gente. Oggi la radio è spesso confusione, orgia di parole. O insipidi imitatori. Loro no, intendo Ciotti o Enrico Ameri, che la voce usavano come un’arma impropria. Li guidava sapientemente Roberto Bortoluzzi che "Tutto il calcio minuto per minuto" conduceva con abilità, attento a misurare gli interventi dei suoi cantoni più abili. I suoi tenori non steccavano mai. Non aveva bisogno di carte e scartoffie, Ciotti, aveva una memoria prodigiosa e soprattutto un fluire del racconto che oggi andrebbe proposto nelle scuole di giornalismo. Certo, a volte si lasciava andare, si produceva in qualche virtuosismo lessicale, ma erano stoccate in punta di fioretto. Anche Bruno Pizzul aveva perifrasi non a tutti comprensibili, ma lo fregava il tono, un po’ monocorde. Sandro no, era lui stesso a modulazione di frequenza, e la voce sottolineava lo scorrere di una piccola grande epopea che aveva, nelle tonalità della raucedine, le sue asprezze. Dopodiché passava la linea: qui l’Olimpico, a voi Bologna. Di disturbante in quelle trasmissioni, soltanto Ezio Luzi, dal basso della sua serie B. La radio era la misura esatta di Sandro Ciotti, la sua palestra. Vi esercitava da maestro della parola, raccontando gli altri e mai se stesso. Sapeva anche scrivere, fatto che non è comune a chi si spende, tra una sigaretta e l’altra come faceva lui, al microfono. L’unica certezza e che Sandro è ancora tra noi, non soltanto nelle teche Rai. È un vecchio amico che spesso torna, gradito ospite, nelle nostre case. E vien pure voglia di offrigli un caffè mentre ascolti il poadcast di uno dei ricordi che proprio il 18 luglio gli ha dedicato Radio 1 Rai.
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