Da tradizione, il sabato ferrarista assume i connotati della bufera. E' il fatto che simboleggia il Gran Premio d'Italia 2013 e la Formula Uno moderna. La lotta per la Pole che si gioca su massimo due tentativi secchi e le comunicazioni radio che vengono spettacolarizzate e trasmesse in mondovisione. In Ferrari combinano un mezzo patatrac nella strategia delle scie e delle posizioni dei due piloti. La regia internazionale manda in onda un esclamazione di Alonso verso il proprio muretto-box con la delicatezza di un elefante che entra in una gioielleria. Sufficiente a scatenare il caso e, udite udite, anche la prima vera critica di Giulio Delfino allo spagnolo da quando è in Ferrari (2010), a nostra memoria. In pochi minuti di radio, due eventi che non t'aspetti. Alonso che da dei "geni" o degli "scemi" ai suoi (noi propendiamo per la seconda) e Giulio, grande cantore delle sue gesta, che si sbilancia: "Deve cominciare a darsi una calmata". E dice bene, perché geni o scemi che sia, cambia poco. Uno scivolone su buccia di banana che, equivoco o non equivoco, è un assist degno di Pirlo per chi sostiene la tesi di una crisi tra team e pilota. Cose di cui non si sentiva certo il bisogno e che non avremmo sicuramente assistito in una Ferrari di Michael Schumacher, Jean Todt e compagnia cantante. E se fosse successo, avrebbero fatto la fine di quel Prost che nel 1991 osò definire un "Camion" la sua monoposto: appiedamento. Nelle ore successive si è fatto di tutto per gettare acqua sul fuoco. Passerà, verrà digerita, però è una ferita. Non sarebbe male se, almeno una volta, in Ferrari si riuscisse a perdere in maniera normale. Le ultime vicende vissute da Agosto ad oggi, sono l'immagine più lontana possibile dall'idea di squadra solida. Ce la caviamo con l'ironia e con il fotomontaggio di cui sopra.
La sintesi del sabato è stato l'atto del Mondiale 2013 che, finora, ha fatto più contatti su Youtube in questa stagione. Dato eloquente sul contenuto emotivo che questo campionato ha riservato. Annata storica, sotto un aspetto: è l'ultima con i motori V8 e il loro indistinguibile canto e marchio di fabbrica. Non sappiamo se per caso, ma un protagonista della radiocronaca della Domenica è stato proprio il sottofondo così travolgente da costringere Giulio Delfino a zittirsi ("abbiamo le finestre aperte") per qualche secondo in occasione della partenza del giro di ricognizione, ed a urlare al momento dello start e del passaggio delle vetture sotto la postazione. Miglior omaggio alla musicalità delle corse non si sarebbe potuto fare, anche se magari non tutti gli ascoltatori possono aver gradito. E tanti saluti e ringraziamenti all'ultima volta di un V8 in Italia.
La gara è fin troppo lineare e con rarissimi sussulti. Vettel da ancora una volta l'arrivederci alla ciurma fin dallo spegnimento dei semafori, Alonso in pochi giri si prodiga nella rimonta ed è secondo dopo uno splendido sorpasso a Webber alla Variante della Roggia, non è male Massa che però è ormai al passo d'addio, nelle retrovie Hamilton dà nell'occhio con sorpassi e spettacolo, mentre incappano in disavventure due dei piloti nominati come nuovi alfieri della Rossa: Raikkonen e Di Resta. Giulio invoca la danza della pioggia, ma Giove Pluvio si esprime solo un'ora prima e un'ora dopo la corsa: tiè. Il duello tra Vettel e Alonso è a distanza, con i tempi del tedesco a dettare tempo e legge. Le odiose strategie delle gomme Pirelli trovano poco spazio nel tempio della velocità di Monza: un solo pit stop, perché qui non si scherza. Ed è però nell'unica sosta che si concentra l'unico motivo di rimpianto per la Ferrari, sulla base di un cambio gomme troppo ritardato di Alonso. Delfino è sostanzialmente perfetto a illustrare e capire che i rossi stavano toppando, anche se l'impressione è che scalzare Vettel dalla leadership sarebbe stata un'impresa fin troppo ardua. Si sarebbe potuta creare più pressione e magari non far avvicinare così tanto Webber alla seconda posizione di Alonso, ma al tirare delle somme, Vettel stravince e stramerita un'altra volta. Guida pulita, sicura, chirurgica, precisa, degna di un tricampione mondiale ormai ad un passo dal poker iridato. Leader autorevole da capo a coda nelle due università dell'automobilismo, mai una minima sbavatura. Capace di rendere scontate e noiose le sue vittorie. Indegni e imbarazzanti i fischi e i buu sul podio degli ultras figli del calcio, fin troppo intrusi in uno sport che non necessita della loro presenza. Vizio tremendamente italico e nemmeno nuovo quello di fischiare i non-ferraristi: accadde a Schumacher prima di diventare ferrarista, accadde perfino all'italiano Patrese, ad Imola. Vettel ha vinto per la 32° volta e vince anche nelle dichiarazioni fuori dal campo: "Essere fischiati a Monza significa aver fatto un buon lavoro". E ha raggiunto il numero di vittorie proprio di Alonso. Cappello.
53 punti di vantaggio a 7 gare dalla bandiera a scacchi definitiva. Più di due gare di vantaggio, oltre che una vettura che sembra non conoscere difetti: negli ultimi anni, le caratteristiche di Monza non si addicevano molto a quelle della Red Bull, quest'anno hanno trovato la chiave anche sul tracciato brianzolo. Il materiale sembra abbastanza per alzare bandiera bianca. Ormai alla Ferrari è rimasta solo la speranza: occhio, malocchio, prezzemolo e finocchio. Che nelle corse si traduce anche in: "Never say never". Lo ha ricordato proprio Giulio Delfino, con un tweet..
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