di Massimo Raibobo Verona
In pieno Tour de France l'ultimo ospite di questa stagione di "Dietro al microfono" è la voce tecnica del ciclismo per Radio 1, ovvero Massimo Ghirotto. A lui abbiamo fatto qualche domanda sulla recente esperienza al Giro e non solo.
Lei è la voce tecnica del ciclismo di Radio Rai: come è nata la sua collaborazione?
Il mio primo contatto con Radio Rai risale al 2010 quando il giornalista Antonello Orlando si interessò alla mia persona ed alla mia esperienza in qualità di ex corridore e conoscitore dell’attuale e passato mondo del ciclismo su strada. Successivamente il caporedattore di Radio Rai Riccardo Cucchi espresse il suo benestare. Così, tre anni fa, cominciò la mia “avventura” al Giro d’Italia che dura ormai da quattro appuntamenti con la Corsa in rosa.
Per chi non la conoscesse cosa ci racconta della sua carriera?
Sono stato professionista su strada per tredici anni, complessivamente quindi tredici stagioni agonistiche. Iniziai a correre in bicicletta all’età di quattrodici anni ed in mio percorso ciclistico crebbe passando attraverso le categorie minori, sino a passare professionista nel 1983 con la Gis Gelati capitanata allora da Francesco Moser. Negli anni successivi fu la Carrera Jeans a rivestire un ruolo importante nella mia carriera, per ben otto anni. Dal 1985, infine, indossai i colori del team ZG Mobili, che mi vide in veste di capitano fino al 1995, quando lasciai il ciclismo professionista. Complessivamente il mio palmares vede 24 vittorie da professionista con vittorie di tappa al Giro d’Italia, al Tour de France ed alla Vuelta.
Noi abbiamo definito l'ultimo Giro epico! Lei che ne pensa?
Partiamo dalla Sua definizione di “Giro epico”: certamente il Giro d’Italia 2013 è stato fortemente segnato dalle condizioni metereologiche. Da questo punto di vista l’episodio maggiormente significativo si identifica con l’arrivo di Nibali sotto la neve nella penultima tappa alla Tre Cime, che certamente ha lasciato un’impronta “mitologica” nella storia del ciclismo. Non sono certo da scordare gli illustri ritiri di Hesiedal e Wiggins: non tanto per le condizioni estreme ma, a mio parere, per demerito loro. Infine, a rendere ancor più entusiasmante la Corsa in rosa 2013 è stata la sua imprevedibilità: più volte le tattiche stabilite a tavolino sono state stravolte dalle vicende in gara: questo è uno degli aspetti più affascinanti del Giro.
Cosa vede nel futuro di Nibali?
Nibali ha dimostrato di essere pronto per affrontare con successo le grandi corse a tappe: oggi lo caratterizzano maturità e spiccata personalità, capacità di assumersi forti responsabilità e corretta gestione della squadra. Sarà, quindi, uno dei migliori protagonisti futuri delle grandi corse a tappe.
Potrebbe essere la persona giusta per tornare a vincere il Giro di Francia?
Nella carriera di Nibali già compaiono la vittoria del Giro di Spagna (2010), un terzo posto al Tour de France (2012) e la vittoria quest’anno del Giro d’Italia: direi che i presupposti per tornare a trionfare al Tour de France sono più che ottimi.
Anche questo Giro è stato toccato dalla piaga del doping: è un male incurabile?
Certamente è un male difficile da curare, che necessita di essere combattuto. E può essere combattuto. Va sottolineato che il ciclismo odierno si pone in prima linea con grande determinazione nel condurre questa battaglia. Anche gli stessi corridori hanno preso forte posizione in tal senso, nei confronti di quelli che devono essere assolutamente ritenuti casi isolati.
Secondo Lei non servirebbe un’azione forte per cercare di svegliare definitivamente questo sport?
In linea di massima potrei anche concordare con questo tipo di affermazione. Per quanto riguarda il procedere con azioni punitive eclatanti, esistono enti proposti – come ad esempio l’Uci oppure la Federazione ciclista italiana – tra i cui compiti c’è anche quello di valutare questo tipo di eventualità.
Il pubblico si è allontanato dal ciclismo per questi motivi?
In tutta onestà, non direi che il pubblico si è allontanato dal ciclismo. Credo che molti tifosi abbiano subito una forte delusione: ora la necessità più urgente è quella di dimostrare – come si sta per altro facendo – che la lotta contro il doping è totale. In questo modo è possibile riconquistare la fiducia perduta.
Torniamo alla radio. Che esperienza è stata quella del giro di quest'anno?
Essere al Giro d’Italia con la squadra di Radio Rai mi riempie davvero d’orgoglio, come già accaduto anche nei passati anni in cui ho avuto modo di vivere quest’esperienza unica. Quest’anno il valore aggiunto è stato certamente quello di aver visto trionfare Nibali, un giovane talento del ciclismo italiano. Aggiungo che commentare in radio lo stesso sport che per anni ho avuto la fortuna di praticare da professionista è assolutamente un privilegio.
Se le chiedo di descrivere i suoi tre colleghi Dotto, Mazzeo e Scaramuzzino?
Posso sicuramente definirli tre grandi professionisti amanti dello sport e del ciclismo. Oltre che a tre voci ormai icona di Radio Rai. Non dimentichiamo il fattore umano: anche in questo senso ritengo di aver avuto accanto delle grandi persone. Che dopo un mese di condivisione quotidiana sono diventate una sorta di seconda famiglia.
Ho avuto il piacere di conoscerla all'arrivo di Treviso. Abbiamo notato un grande spirito di squadra.
Fare squadra vuol dire lavorare per un unico obiettivo, che in questo caso significa dare soddisfazione ed emozione agli ascoltatori sintonizzati da casa. In tal senso siamo riusciti a trovare – ciascuno con le proprie competenze – la giusta miscela di contributo personale per creare un prodotto complessivo di ottimo livello qualitativo.
Lei quest'anno è salito spesso in ammiraglia? Che punto di vista è quello?
È stata un’assoluta novità che ha entusiasmato sia le persone che ci hanno ascoltato sia gli stessi direttori sportivi che ci hanno ospitato a bordo dei loro mezzi. Trasmettere le diverse vicende che accadono in gara a partire dall’ammiraglia è stata certamente una situazione inedita che ha conquistato e coinvolto molto ascoltatori da casa. Un vero “tocco di classe” di Radio Rai.
La vita del cronista in moto è durissima e molto faticante. Può descrivercela?
Non direi durissima. Sicuramente non è semplice: ci sono molteplici fattori che possono condizionare la diretta a bordo della moto. Non ultimo il fattore meteo, che quest’anno ha condizionato pesantemente il Giro. Ogni fattore, anche il più piccolo, può distogliere attenzione e concentrazione dalle vicende di gara: è quindi necessario conservare una buona dose di attenzione anche in quelle situazioni in cui l’adrenalina tende a salire per particolari situazioni del percorso o dinamiche della gara. In tal senso l’intesa che si viene a creare tra cronista a bordo e motociclista è davvero fondamentale.
Mai come quest'anno la radio ha dato voce alle emozioni del Giro. Quale è il menù giusto per raccontare un evento del genere senza immagini?
Innanzitutto ritengo sia indispensabile essere me stesso in ogni frangente, cercando di descrivere la realtà non solo attraverso le mie parole: ad alimentare il mio racconto verso gli ascoltatori giocano un ruolo indispensabile sia l’emozione suscitata da quanto osservo sia la mia capacità di ex professionista di vivere intensamente quanto si sta svolgendo sotto i miei occhi.
Da giovane ascoltava il giro in radio? Si ricorda i grandi cronisti che sono passati per il Giro?
Sono sempre stato un amante della radio. E spesso mi è capitato di ascoltare i vari cronisti tra cui ricordo Roberto Collini e Alfredo Provenzali, Antonello Orlando, Giulio Delfino e Francesco Pancani. Ancora oggi la radio rimane uno dei miei media prediletti. Tant’è che mi capita frequentemente di ascoltare la voce di Riccardo Cucchi, Emanuele Dotto, Giovanni Scaramuzzino e Tarcisio Mazzeo. Tutto il calcio minuto per minuto è un programma che ascolto moltissimo.
Secondo lei perchè per la radio il Giro è la consacrazione delle qualità di un giornalista?
Credo che per un giornalista avere la possibilità di commentare un Giro d’Italia SIA certamente motivo di arricchimento personale e professionale. Al di là di questo, il Giro d’Italia è certamente uno dei massimi traguardi da raggiungere, è una sorta di consacrazione, è UN PO' come iscrivere il proprio nome nell’albo d’oro del Giro d’Italia.
Segue anche altri sport da appassionato? Che squadra di calcio tifa?
In generale amo lo sport e lo seguo nelle sue varie discipline. Dal punto di vista calcistico simpatizzo per il Milan sin da bambino, ma non mi definirei un tifoso sfegatato.
Chiudiamo con un piccolo regalo al nostro ospite.
Questa è la sua vittoria nella 9a tappa del Tour de France 1990.
Telecronaca Rai di Giacomo Santini
Noi torniamo ad Agosto con qualche novità. Buona Estate!
#TICBemozioni
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venerdì 19 luglio 2013
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