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venerdì 1 febbraio 2013

Dietro al microfono: intervista a Tarcisio Mazzeo

di Massimo Raibobo Verona
Tra le voci più presenti all'interno di "Tutto il calcio" spicca sicuramente quella di Tarcisio Mazzeo a cui ci siamo permessi di fare qualche domanda; è lui il protagonista odierno dell' intervista di "Dietro al microfono"

Ci racconti il tuo esordio a "Tutto il calcio"?
Debuttai nel '98, in un Genoa-Castel di Sangro che doveva essere raccontata da Paolo Paganini. Ma per qualche ragione che non ho mai saputo lui era rimasto in redazione (a quel tempo faceva anche 90° minuto) e in cabina c'era solo il tecnico. Io ero al Ferraris per il Telegiornale, nella cabina accanto. Al primo giro dei campi, Provenzali chiamò Paganini e ovviamente non rispose nessuno, allora il tecnico mi disse: "Falla tu, altrimenti che figura facciamo?". Provai a chiamare qualcuno ma non ebbi alcuna risposta: dovendo decidere da solo, sul momento, pensai che al massimo mi avrebbero detto di non farlo più. Invece non successe niente: non mi ringraziarono e non mi rimproverarono. Di lì a qualche settimana mi convocarono per un Sampdoria-Bari in notturna, in coppia con Emanuele Dotto.

Da ligure come te, un ricordo di Alfredo Provenzali
Fu Provenzali a propormi all'allora caporedattore Ezio Luzzi. Avevamo un bel rapporto. A quel tempo mi occupavo del Telegiornale e fra le altre cose curavo personalmente la rubrica sportiva del lunedì, che avevo rinnovato d'accordo col capo della redazione di Genova, Piero Oneto, che come me aveva lo sport come unico "svago" rispetto all'impegno quotidiano concentrato sul Tg: Oneto, lo ricorderete, raccontava il Genoa e la Sampdoria per la "Domenica Sportiva". Ad Alfredo avevo proposto un appuntamento fisso in apertura di rubrica: il suo spazio si chiamava, semplicemente, "Il tema di Provenzali", e lui lo svolgeva esattamente come in seguito gli abbiamo sentito commentare, in apertura di "Tutto il calcio", le cose dello sport che tanto ci piace. Prima di incidere il pezzo - anzi di snocciolarlo in primo piano a tutto schermo, come gli avevo proposto - me lo faceva leggere per avere la mia approvazione. Pensate un po'. Ne ero molto onorato, ovviamente leggevo solo per gustarmi l'anteprima: che cosa avrei potuto avere da correggergli? Queste conversazioni costruirono il nostro rapporto. Un giorno mi chiese? "Ma non ti piacerebbe fare le partite?". "Certo che sì". Una volta mi offrì anche un caffè: un grande privilegio, essendo lui la parsimonia fatta uomo. Poi mi chiese di affiancarlo nella pallanuoto, quando la pallanuoto si giocava al pomeriggio, prima del calcio. E' stata una palestra formidabile per me che, pur non più giovanissimo, imparavo il mestiere del radiocronista.

Se ti chiedessero di condurre Tutto il calcio?
La trasmissione è nelle sicurissime mani di Filippo Corsini: non credo si possa fare meglio di lui, che fra l'altro è anche più giovane di me. E io che giovane purtroppo non sono più ho poco tempo, e quel poco desidero spenderlo in giro per i campi

Noi siamo a caccia di aneddoti! Qualche ricordo veramente particolare, qualche occasione bizzarra legata alla tua storia in Tutto il calcio?
Ho già raccontato di quando, il giorno dopo il debutto serale con Dotto, chiamai Luzzi per ringraziarlo e Luzzi mi fece pelo e contropelo dicendomi che avevo parlato troppo e avevo sbagliato tutto. Ci restai malissimo, non sapevo che Luzzi è fatto così ma è una brava persona. Sempre lui mi raccontò (e io lo presi come un invito a stare attento) che la cabina dello stadio di Piacenza ha i vetri messi male e che un riflesso sbagliato gli aveva fatto dare il gol alla squadra sbagliata: confermo che al Garilli bisogna fare attenzione. Al Ferraris invece quando si faceva il bordocampo si tirava a indovinare: impossibile sentire quando ti davano la linea per commentare un gol o un'azione importante, l'urlo delle gradinate vicinissime copriva le parole del collega in postazione; il povero bordocampista "entrava" al buio, a sensazione: non so per quale miracolo, ma è sempre andata bene. A proposito di bordocampo: ricordo 90 minuti fantozziani in una Juventus-Catania tutto sotto la neve, senza un attimo di tregua e ovviamente senza nessun tipo di conforto. E per fortuna senza conseguenze.

Chi era Riccardo Garrone visto da Genova?
Riccardo Garrone è stato un grande uomo di impresa: erede dell'impero Erg, lo ha gestito e fatto crescere; ha guidato l'Unione Petrolifera ed è stato uno degli attori più importanti della Confindustria degli anni 80-90. Garrone era un uomo di cultura e infatti ha dato grandi contributi al Carlo Felice, il Teatro dell'Opera di Genova; attraverso la Fondazione Erg è stato un riferimento importante per tutto il mondo dell'arte. Una dozzina di anni fa si lasciò coinvolgere nel salvataggio della Sampdoria, che stava scivolando verso la serie C, venendo meno a una promessa fatta a suo padre: occuparsi di tutto ma non di calcio. Considerato "braccino corto", in realtà ha speso moltissimo per risanare una società presa in condizioni drammatiche. Restano cose non dette circa la fine del rapporto con Marotta, che da parte sua maturò comunque negli anni in blucerchiato l'esperienza decisiva per il grande salto alla Juventus. Riccardo Garrone è stato un grande presidente, per noi giornalisti una sicurezza: sempre disponibile, sempre a bassa voce, sempre con parole chiare

Samp sugli scudi, Genoa che affonda? Cosa sta succedendo alle due squadre "della lanterna"?
La Sampdoria è riuscita a darsi un'identità, il Genoa la sta ancora cercando. Il cammino verso la salvezza è lungo per entrambe, anche se i blucerchiati in questo momento stanno meglio quanto a punti e a morale: in realtà i bassifondi della classifica sono così densi e stretti che basta poco per cambiare le prospettive di chiunque. La Sampdoria ha trovato un equilibrio a centrocampo e un attaccante che fa gol, grazie anche alle lezioni di Delio Rossi. Al Genoa tutto questo manca e la fiducia arriva dal lavoro che Ballardini fece a suo tempo subentrando a Gasperini: se riuscirà a ripetersi il Grifone risalirà, ma ad oggi l'impresa appare molto difficile.

Spesso ti vediamo impegnato come seconda voce! Quali prediligi tra i due ruoli? Ci sono delle preparazione diverse? Se ti chiedessi il nome del collega con cui ti trovi meglio quando siete in due?
Faccio volentieri entrambe le parti. Adattarsi al ritmo del collega, quando si lavora in due, è più difficile che raccontare la partita nel giro di "Tutto il calcio": fra chi corre di più e chi corre di meno, chi predilige esclusivamente il lato tecnico e chi propone letture più ampie, chi ti chiama in causa più spesso e chi meno, chi fa la radiocronaca con la "seconda voce" e chi fa la radiocronaca "a due voci"...Bisogna sapersi adattare e io ho questa fortuna, arricchita dal fatto che vado d'accordo con tutti. E' chiaro che la radiocronaca "a due voci" è più divertente di quella da "seconda voce", e credo si divertano di più anche gli ascoltatori. Quanto alla preparazione, mi preparo come uno scolaretto perchè non si sa mai: se siamo in due e il collega non arriva? oppure arriva ma è senza voce? oppure succede un qualunque accidente? Ecco, meglio essere pronti per qualunque evenienza. L'unica differenza vera è il mio strumento di lavoro: quando sono da solo uso un quadernone, quando siamo in due un quadernino. Questione di praticità.

Tu fai parte anche del gruppo di Sportlandia? E' cambiato qualcosa dopo l'uscita di Doriana Laraia?
Il passaggio di Doriana Laraia dal Gr al Tg2 ha logicamente fatto da voltapagina all'esperienza di Sportlandia. Era stato così anche quando Doriana, mia grande amica, era subentrata a Marzia Leoni sotto la cui gestione io avevo cominciato a collaborare con la rubrica. Un rapporto felice per me, durato circa 10 anni e rallentato, negli ultimi mesi, dai miei moltissimi impegni: dipendo dal TgR Liguria, mi divido fra radio e televisione, far quadrare tutto è difficile. Due settimane fa sono riuscito dopo tanto tempo a fare uno Sportlandia per la gestione di Paolo Zauli: mi ha fatto piacere perchè è una trasmissione che si rinnova, cambia linguaggio e struttura ma è sempre di grande qualità e dunque resta una scommessa vinta.

Se guardiamo all'Europa, l'Italia del calcio deve piangere? Le nostre squadre sono alla deriva?
Le nostre squadre non sono affatto alla deriva. Mi pare che il calcio sia in profonda trasformazione, soprattutto perchè il mostro - la folla di nuovi ricchi veri e presunti - sta con tutta evidenza divorando se stesso e fra qualche tempo i risultati si vedranno molto bene. Il Barcellona ha dato la linea con la sua "Cantera", ma anche la Germania sta facendo esperimenti interessanti e noi stessi, spinti dalle necessità, mi pare che qualche segno lo stiamo dando. Probabilmente non vinceremo la Champions, ma la Juventus fin qui si è comportata bene e il Milan se non rompe il timone ha impostato la rotta verso un rinnovamento interessante; per l'anno prossimo aspettiamo Napoli e Lazio, ma anche Fiorentina e Inter se nel frattempo avranno corretto i limiti di questa stagione. Insomma, aspettiamo con fiducia.

Segui o seguiresti altri sport oltre il calcio? Quali?
La mia grande passione è la boxe. L'ho praticata da ragazzo, l'ho insegnata, l'amo profondamente, fa parte della mia storia personale: nei momenti difficili mi vedo davanti al sacco e sento il mio maestro che scandisce i tempi di sinistro e destro, diretto gancio e montante, e mi dice cose che mi serviranno per la vita. So come e che cosa pensa il pugile, quando si prepara e quando combatte, quando salta la corda e quando fa boxe a vuoto, quando mette un colpo e quando lo prende, quando perde l'orientamento e quando sente il sangue in bocca. Ho imparato a intuire il modo di combattere di un pugile guardandolo avviarsi al ring: posseggo i codici per decifrare la postura e trasformarla in gesti tecnici. Sì, senza falsa modestia sono il miglior radiocronista di pugilato, ma sono nato con trent'anni di ritardo: servivo negli anni 60, massimo 70, ora non servo più.

Durante il match di Coppa Italia Inter-Bologna avete a lungo parlato di Árpád Weisz, a cui era dedicato il match. Tu sei molto attivo nel sociale con reportage dall'Africa più profonda. Il mondo dello sport e soprattutto del calcio ora come ora ha secondo me la necessità di aprire gli occhi su storie come queste. Che ne pensi?

Penso esattamente quello che hai detto e credo profondamente nella funzione sociale dello sport, potentissimo strumento di pace nella stessa misura in cui molto spesso è stato (è) potentissimo strumento di guerra: dalle Olimpiadi organizzate per far trionfare una pretesa superiorità razziale (per stare alle memorie celebrate in questi giorni), ai campi sportivi trasformati in campi di prigionia e morte da certi regimi, penso all'Argentina e al Cile degli anni 70, a certe tristissime vicende minori che però si rifanno alle stesse logiche. Dobbiamo lavorare tutti e molto per diffondere una cultura positiva e utile: il campo è un terreno di gioco in cui si può e si deve vivere la bellezza della condivisione, della sfida leale che ha come scopo l'affermazione del più bravo e non del più furbo, del più forte ma non del più violento, e la bellezza della condivisione ha - e dà - il senso profondo e vincente dello stare insieme. Per come la vedo io, questo è lo sport.

Noi torniamo la prossima settimana per un'altra appassionante intervista!

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