Iker Casillas e la Coppa |
Ieri, come a Berlino sei anni fa, c'erano tanti numeri dalla nostra parte, come la distanza dall'ultimo Europeo vinto (44 anni, gli stessi impiegati per rivincere il Mondiale dal 1938 al 1982; 44 anni gli impiegò la stessa Spagna tra il '64 e il 2008). C'era anche una statistica curiosa sul titolo continentale del '68, giunto trent'anni dopo una vittoria Mondiale, trenta quanto il tempo trascorso dal 1982. Ma l'unica cosa che ci arrideva, ieri, era giusto la cabala. Perché l'Italia ha fatto più delle sue capacità. Troppo di più. Non un miracolo, ma quasi. Perché il calcio italiano versa in condizioni mediocri, come testimonia un ranking UEFA per club che ci vede in continua caduta libera. Per non parlare degli scandali che ormai ci colpiscono a cadenza annuale, con tanto di blitz di polizia a Coverciano nel maggio scorso e conseguente disordine nel ritiro, con tanto di scoppola presa a Zurigo dalla Russia.
Nonostante ciò, Prandelli e i suoi ragazzi hanno mostrato al mondo l'orgoglio italico, sin dall'esordio contro la Spagna che, affrontata a condizioni fisiche migliori, può essere battuta o quasi proprio come testimonia l'esordio di Danzica (fermo restando che resta la più forte). Poi, dopo le sbavature con Croazia e Irlanda e un doveroso ringraziamento a Del Bosque per aver passato il turno, il calcio italiano ha letteralmente piallato due scuole che, a livello di club, ci stanno surclassando: Inghilterra e Germania (ma quest'ultima, a livello di Nazionali, non è una novità).
Il tutto a conoramento di un biennio difficile, dopo la debacle sudafricana che chiudeva per sempre il ciclo dei Campioni del Mondo. Prandelli si è presentato in maniera coraggiosa, portando un tipo di calcio diverso e affidandosi ai bad-boys Cassano-Balotelli e a Giuseppe Rossi, tradito da un maledetto infortunio come lo spagnolo David Villa, a posteriori due protagonisti mancati della finale e dell'intero torneo. Per questa sua idea di calcio "alla spagnola", al buon Cesare in questi due anni non sono mancati gli sfottò e le manifestazioni di perplessità. Si sono qualificati a mani basse, gli azzurri, aiutati da un gruppo spaventosamente facile in cui la Serbia viene uccisa dai suoi tifosi e l'Estonia arriva seconda. Poi, questo qui che è stato un vero e proprio capolavoro, nel bene e nel male. Purtroppo, non c'è stato un lieto fine, come questa squadra meritava. Purtroppo, la fine è stata anche brutta brutta: perdere 4-0 fa male, troppo male. Ma ora, a livello di nazionali, questa squadra è tornata a competere per le primissime posizioni nei grandi tornei, e non è poco. Tra due anni è lecito aspettarsi l'Italia alla disputa di una semifinale mondiale. L'anno prossimo è lecito aspettare una Confederations Cup migliore di quella disastrosa del 2009, magari facendo uno scherzetto al grande Brasile, visto che saremo al 100% nel girone dei padroni di casa. Siamo tornati. Diciamolo con orgoglio: siamo vice-campioni d'Europa. Anche perché, che possa piacere o no, questa Spagna è destinata ad essere ricordata come la squadra più forte di ogni epoca, più del Brasile di Pelè. A me non fa impazzire il suo gioco, ma i punti di vista stridono, spesso, con la storia. Chapeau, Spagna, campione di tutto e di più.
Stavolta la finisco, davvero. Ringrazio tutti per avermi supportato e letto in questo cammino europeo e il Capo Massimo Verona per avermi permesso di tirare su questa rubrica. Buon Estate a tutti, e siamo orgogliosi di essere Italiani.
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