Parole e musica (mica tanto) di Riccardo Cucchi. Parole che, quella sera del 1° giugno 2012, erano impossibili non condividere. Italia a pezzi, ridotta a pezzi da una settimana tremenda e da un'amichevole terribile, persa 3-0 con la Russia a Zurigo. Parole che non potevano rispecchiare meglio una situazione addirittura peggiore a quella del 2006. Gli scandali e una gestione tecnica che, a parole, appariva inadeguata, stavolta sembravano doverci sottomettere. E sembravano dovessero aprir la porta ad una disfatta addirittura peggiore di quella sudafricana. Insomma, qualcosa di inquietante. Inquietante come il titolo delle riflessioni del 2 giugno 2012, prima puntata di questa rubrica.
E' passato un mese esatto, e ora ci troviamo qui, a scrivere di una finale. Da Zurigo a Kiev la strada è stata lunga, e non solo dal punto di vista geografico. Un cammino intensissimo, iniziato dall'esordio di Gdansk contro la Spagna, rivelatosi clamorosamente positivo; passato per Poznan, dove tra Croazia e Irlanda ritorna la mediocrità svizzera, ma arrivano anche quattro punti che, con la compiacenza degli spagnoli, significano quarti di finale. E sembrava un miracolo poter vedere Kiev... Invece, ai quarti l'Italia di Prandelli diventa quella che il mister aveva immaginato all'inizio delle qualificazioni. Ed ecco il successo spettacolare sull'Inghilterra (solo ai rigori, dopo 120' di spaventoso dominio) e l'ormai solita, oserei dire scontata, vittoria in semifinale sulla Germania a Varsavia. E Balotelli, da bella statuina, ha imparato a sfondare la porta.
E siamo in finale. E si torna a Kiev. Chi lo avrebbe mai detto? Nessuno, forse. Eppure, l'Italia e Prandelli hanno stra-meritato di essere qui. E ora è lecito aspettarsi qualcosa di molto bello stasera. Sul muro (dove potete interagire con tutti noi, se e quando volete) si parlava di obiettivo minimo "semifinale", riconoscendo che di più non si sarebbe potuto fare perché, sulla carta, le "podiste" di Sudafrica 2010 erano ancora troppo avanti. Dopo quella partita di Zurigo, dicevamo che i quarti sarebbero stati un miracolo... E invece eccoci qua. Ad un passo dal completamento di un percorso che si avvicina, più che a grandi linee, a quello di quel torneo di cui si celebra il trentennale in questi giorni. Sicuramente, dire che Prandelli vale Bearzot è esagerato, se non di più. Quello che è certo, è che ha costruito un'Italia bellissima, meravigliosa. Così bella come non si vedeva da anni, almeno dal Mondiale del '90. Una Nazionale che gioca bene e che ha come unico obiettivo la porta avversaria, soprattutto contro le più forti (sono le più "scarse" che, per qualche strano motivo, ci hanno messo in maggiore difficoltà in questo biennio, Croazia e Irlanda comprese). Una Nazionale stratosferica che è in finale con pieno merito.
Viste le premesse di un mese fa, dovremmo dire che ci è andata di lusso? No, non possiamo dirlo. Non lo possiamo dire in ragione di quello che abbiamo visto nella fase a eliminazione diretta finora. E anche nell'esordio contro la Spagna. Dopo aver battuto la Germania nel modo in cui l'abbiamo battuta, non possiamo accontentarci. L'epopea va completata, fino in fondo. Quello che abbiamo fatto finora, non può non portare ad un successo che manca da 44 anni. Sarebbe lasciare qualcosa di incompiuto. Rovinare tutto. Sì, Italia: ora sei obbligata a vincere. Anche perché questa Spagna, di grande, finora ha avuto solo il nome. Noi sembriamo, invece, la Spagna di 4 anni fa. Quella che aprì il ciclo. Forza ragazzi, l'ultimo sforzo ed entrerete per sempre nella leggenda!!
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