4-0 in una finale per noi straziante che diventa incubo. Ma sportivo e nient'altro di più. Lo si percepisce ascoltando la Radio, ascoltando Cucchi e Repice. C'è il rammarico, ma non quei toni funerei, pesanti, drammatici ed anche un filo ipocriti, che non dovrebbero mai essere consoni ad un gioco ed allo sport. Si applaude l'avversario, si glorifica chi è stato superiore e ha scritto una grossa pagina della storia del calcio, vincendo per la terza volta di fila tra Europei e Mondiali. Senza mai prendere gol nelle partite ad eliminazione diretta dal 2008 e stabilendo come vincere: di noia, di possesso esasperato, di forza, di classe, di spettacolo, di melina, magari anche di arroganza, ma anche di come pare e piace. Ma fino ad oggi, sempre con il medesimo succo ancora incontrastato. Una frase, su tutte, sentita da Riccardo Cucchi: "Tutti i giocatori spagnoli sono in grado di fare tutto". Sintetizza tutti i discorsi su questa squadra che "può solo vincere" (Repice dixit).
Applauso al vincitore, ringraziamenti ai vinti in un Paese dove si perdono le partite di calcio come se fossero guerre e si perdono guerre come se fossero partite di calcio, come disse Wiston Churchill.
Ringraziamenti anche perchè i vinti siamo noi e perchè bisogna evitare che quello che ci è stato trasmesso in questo Europeo venga distrutto, incenerito e dimenticato (anche se dalla Rai proprio oggi hanno tentato di bloccarci il nostro video di Germania-Italia 1-2: ma questo è un altro argomento su cui temiamo di dover tornare a parlare tra pochi giorni).
Cucchi e Repice non hanno mai smesso di sottolineare come per i nostri Azzurri sia stato un onore arrivare a giocare contro questa Spagna e non si è mai lontanamente sfiorato il tono della condanna, del patibolo o della sedia elettrica nei confronti dei nostri protagonisti. Perchè bisogna saper perdere e bisogna imparare, accettando quel che è stata la realtà. Dalla Radio è stato trasmesso questo messaggio e questo filo conduttore per tutta la radiocronaca. E provando a rialzare la testa, con una promessa: "Ci rivediamo in Brasile".
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