di Stefano Stradotto
Molti non
capiscono. Non capiscono come una voce possa legarsi in maniera così
forte e totale alla nostra vita, ai nostri ricordi, alle nostre
emozioni. Ma è così. E’ così che accade se si ha dentro da sempre la
voglia di rimanere legato a uno stile, a dei valori, a un sapore delle
emozioni antico, anche se quel sapore non lo si è nemmeno vissuto in
prima persona.
Tutti questi ricordi, tutte queste emozioni,
riaffiorano prepotentemente nel giro di pochi istanti, in una mattina
di metà luglio. Poco dopo le 9, la notizia che mai avresti voluto
apprendere e che mai avresti pensato di sentire, anche se in qualche
modo l’avevi temuta, pur inconsciamente, nelle settimane precedenti.
Una delle voci, anzi di più, La Voce che più di ogni altra aveva
significato da sempre quelle emozioni, quei ricordi, si è spenta per
sempre.
La signorilità, l’onestà, la limpidezza, vocale ed umana, di
Alfredo Provenzali hanno acceso prima la mia passione di bambino, poi
quella di un ragazzo sempre più consapevolmente innamorato della radio
e di quel mestiere che nei sogni diventava anche chissà, un giorno, un
obiettivo di vita, una strada da percorrere. Un sogno che non avrebbe
potuto avere altro faro da poter seguire se non lui, quella Voce che
solo a sentirla da bambino faceva capire che si trattava di quella di
un maestro assoluto, d’altri tempi ma mai troppo vecchi o superati.
Mentre una lacrima, seguita poi da un’altra e un’altra ancora, riga il
viso nel momento in cui il Giornale Radio manda in onda La Voce, nella
mente e nel cuore si riavvolge il nastro…
I miei primi ricordi
calcistici nitidi partono dall’età di 5 anni. E’ proprio in quegli
stessi giorni che La Voce per la prima volta inizia il percorso della
conduzione, dello studio, abbandonando quello dei campi e degli stadi
che ne aveva contraddistinto la carriera per quasi 30 anni. Per me, che
attendevo con ansia spasmodica che la radio accesa ed ascoltata da mio
padre, da mio nonno, cominciasse a trasmettere le partite (anche perché
in contemporanea facevo partire miei immaginari incontri tra le squadre
del subbuteo, conditi da altrettanto immaginarie radiocronache..)
quella Voce rappresenta da lì in poi l’inizio della festa, l’
accelerazione del battito del cuore dato dall’emozione della sigla e di
quel “Gentili ascoltatori buon pomeriggio…..” che schiude le porte a
una magia, a due ore di un mondo a parte, una sorta di rito che diventa
irrinunciabile e che segna i momenti forse più belli e spensierati
nella vita di un bambino e di un ragazzo.
Le domeniche pomeriggio
passate in giro con i miei nonni, con la mia radiolina SONY in mano,
attaccata all’orecchio, senza cuffie o auricolari o quant’altro. E La
Voce di Provenzali a scandire il ritmo di quella perfetta orchestra,
tanto più perfetta per un bambino, che pian piano cresceva. La radio e
La Voce a scandire le nostre passeggiate domenicali per le strade di
Roma, e poi il ritorno a casa in macchina, con l’antenna da orientare a
ogni curva perché in macchina non c’era l’autoradio. Ricordo che
proprio in quelle domeniche degli anni ’90 al momento del riepilogo
finale di risultati e classifiche spingevo con la mano la radio all’
orecchio con ancora più forza, fino a sentire La Voce di Provenzali in
maniera così nitida che avevo l’impressione di essere in studio a
fianco a lui.. “Follia” di un bambino in qualche modo, certo, ma anche
il voler vivere ancor più da vicino l’emozione, la suggestione che
quella Voce mi regalava. E che dire dell’inizio del campionato, ogni
estate. Lo scenario cambiava e diventava l’adorata casa al mare, sempre
gli stessi intorno a me, genitori, nonni, i ricordi più belli.. E il
battito del cuore era un pochino più forte e veloce, dopo un’estate
intera di attesa.. E l’attesa finiva, con La Voce ad aprire un nuovo
campionato, a riaprire lo scrigno delle emozioni che si sarebbero poi
trasformate, anch’esse, in ricordi…
Da bambino a ragazzo e la
passione diventa anche un obiettivo, ipotetico e lontano, come del
resto tutti i sogni. Il sogno di poter arrivare, un giorno, a fare
nella vita quello che mi aveva sempre così tanto affascinato, stregato.
La Voce diventa allora anche un punto di riferimento, oltre a
continuare ad essere l’interruttore di quella famosa accelerazione
emozionante del battito del cuore, di ogni domenica pomeriggio. Un
punto di riferimento ed un esempio. La professionalità, il senso di una
lealtà sportiva ed umana sempre più rara da rintracciare, e quella
capacità innata di usare con grazia e formidabile abilità la lingua
italiana per creare autentici capolavori di pochi minuti, all’inizio di
ogni puntata di Tutto il calcio. A volte capolavori di ironia, altre
volte di competenza, altre perché no di sarcasmo, altre di sintesi,
altre ancora di amarezza e anche tante altre di commozione. Non
nascondo che l’ammirazione e il piacere suscitato dall’ascolto di tutto
questo mi abbia portato, anche e soprattutto con il passare degli anni,
o da studente che cercava di avvicinarsi a quel mondo, a ritrovarmi a
simulare introduzioni di Tutto il calcio quasi a voler emulare (cosa
ovviamente impossibile) tanta perfezione. Ed inoltre per chi come me
non ha vissuto un calcio, e più in generale un mondo, che si è pian
piano esaurito con l’arrivo degli anni ’90 (e dunque solo sfiorato da
bambino) La Voce faceva invece sì che mi sentissi parte di uno scenario
che non avevo mai vissuto, quasi che quel legame, frustrato, con tempi
passati e rimpianti, si concretizzasse in realtà in quelle ore,
incurante di un mondo e di un mondo del calcio che anno dopo anno
correva sempre più dannatamente veloce su un binario via via sempre più
distante. E Provenzali in fondo era anche e soprattutto questo, il filo
conduttore delle generazioni, la colonna solida ed inscalfibile che
dava sicurezza e la sensazione che sì, nonostante tutto, quel modo di
vivere lo sport ed il racconto era ancora al suo posto.
In quel
istantaneo e al tempo stesso lunghissimo flash ecco anche affiorare
segnate da ancor più commozione due immagini, le più recenti, ma
anche le più emozionanti, forse.
Due pomeriggi, entrambi di pioggia.
Inizio 2010, a Viale Mazzini con una conferenza stampa vengono
festeggiati i 50 anni di Tutto il calcio minuto per minuto. La passione
e la relativa facilità nel raggiungere da casa mia quella zona, mi
spingono, non so bene neanche con quale obiettivo, proprio davanti alla
Rai. Conoscevo a grandi linee l’orario della conferenza, ma d’altronde
sapevo anche che un’innata timidezza mi avrebbe quasi certamente
impedito di rischiare di risultare invadente avvicinando qualcuno dei
miei “miti”. Fiaccato anche da pioggia e freddo eccomi dunque sul punto
di desistere e di avviarmi verso la strada del ritorno, quand’ecco
uscire dalla soglia dell’entrata principale qualcuno. Pochi passi nella
mia direzione e riconosco subito Alfredo Provenzali, cappotto, l’
inconfondibile signorilità, un berretto per ripararsi dal freddo. Al
suo fianco Ugo Russo. La Voce che tanti momenti della mia vita aveva
accompagnato e contraddistinto era a pochi passi da me. La timidezza di
cui sopra mi permette solo di abbozzare un imbarazzato sorriso,
accompagnato da un “Buonasera Signor Provenzali”. Immediatamente i suoi
occhi, che già mi fissavano da alcuni secondi avendo forse intuito la
mia intenzione, si schiudono in un sorriso accompagnato dalla risposta
al mio saluto. Quel sorriso che gli avevo visto in tante immagini o in
qualche filmato, un sorriso quasi timido, e al tempo stesso paterno e
dolcissimo. Uno sguardo che non potrò mai dimenticare e che mi regalò
prima di avviarsi, assieme al collega, per le strade adiacenti.
Altro
pomeriggio piovoso, seppur primaverile, 24 aprile 2012. Un pomeriggio
di grossa emozione visto che ho la possibilità di poter essere, per
avviare un mio lavoro, a Saxa Rubra. L’estrema disponibilità e cortesia
di Riccardo Cucchi mi permette di essere per qualche minuto nel Centro
Rai e nel suo ufficio. Proprio in quei minuti ecco una telefonata, senz’
altro di prassi e che agli occhi di molti sarebbe sembrata normale. E
che però mi colpì. In redazione arriva infatti la chiamata di Alfredo
Provenzali. Chiede la scaletta degli interventi per la puntata del
giorno dopo, 25 aprile, turno infrasettimanale di Serie A. In pochi
secondi Cucchi la comunica a una sua collaboratrice che a sua volta l’
avrebbe poi dettata a Provenzali dall’altro capo del telefono. Una
trafila come detto normalissima in una redazione. Ma come ripeto, forse
un po’ ingenuamente, ne rimasi colpito. Forse perché mi diede
definitivamente l’esatta misura della professionalità e dell’amore per
il proprio lavoro di Provenzali, che immagino senz’altro lì, subito
dopo aver avuto la comunicazione della scaletta, a preparare una delle
sue brevi ma inimitabili introduzioni, che avremmo puntualmente
ascoltato il pomeriggio seguente. Sarebbe stata la sua terzultima
conduzione. L’ultima sarebbe andata in onda esattamente una settimana
dopo quel piccolo, ma per me grande, episodio.
Un episodio che,
riaffiorato alla mente nella commozione degli attimi della mattina del
13 luglio, mi ha stretto ancor di più il cuore e al tempo stesso mi ha
fatto avere chiara consapevolezza di come Provenzali avesse fatto
probabilmente fino all’ultimo ciò che più amava, con la dedizione e l’
amore più assoluto ed inscalfibile.
Asciugate le lacrime e riaffiorati
i ricordi, strette al cuore le emozioni, resta intatta, e lo resterà
sempre, la gratitudine. La gratitudine per aver colorato tutte le
domeniche della mia vita, la gratitudine per aver dato una colonna
sonora ai miei ricordi. Ed anche per aver dato a tutti coloro che
continueranno a colorare le mie, le nostre domeniche, l’esempio per
continuare a farlo, come già accade, con quella stessa speciale e
inimitabile capacità: quella di emozionare raccontando di sport. Ma in
fondo anche di vita. Anche senza di lui. Grazie Voce.
Quel sorriso e
quella voce ora allieteranno, da qualche parte, tante altre persone,
protagonisti di alcuni dei ricordi che di getto ho buttato giù, e di
quelli di tanti altri…
#TICBemozioni
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martedì 17 luglio 2012
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5 commenti:
Questo post mi ha commosso, molto più dei necrologi finti e freddi, di circostanza, di questi giorni. Il miglior ricordo per il nostro Alfredo. Grazie, Stefano. A nome di tutti i tuoi "colleghi".
Mario Aiello
Grazie a te caro Mario. So che le emozioni, ognuno con il proprio ricordo, sono le stesse per ciascuno di noi.
Un abbraccio.
Stefano
Grazie Stefano, per aver condiviso le tue emozioni e i tuoi ricordi.
eva
E comunque, con un po' di pudore, dico che sabato ho firmato il registro del funerale con un "i ragazzi di tuttoilcalcioblog".
eva
Grazie Eva, un forte abbraccio.
Stefano
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