Un uomo grande (grande uomo lo si dice per tanti, a parole inverse per pochi) che chiunque abbia mai acceso un diffusore deve aver conosciuto, perchè lui c'è sempre stato, per tutte le generazioni. Anni '60, anni '80, anni '90, anno 2012. Il suo amore per la Radio non ha mai conosciuto alcuna pausa di riflessione o di stanchezza. Nessuno è stato longevo quanto o più di lui.
E' fratello dei nostri nonni, ha conosciuto i nostri bisnonni, è il nostro zio simpatico che evita di farti venire il broncio nei vari pranzi domenicali con parenti infiniti alla tavolata, è il nostro papa che quando sgarriamo ci tira le orecchie per farci crescere, è il nostro nonno più saggio e generoso che la domenica ti porta il pallone (e poi te lo regala se hai fatto i compiti) e ti accompagna a giocare al parco.
Ohibò, ma è solo una voce. No. Una voce così accogliente, così pacata, così educata, così seria, così sincera, così buona, tanto buona. Alfredo usciva solamente da una cuffiettina o da una cassa di una radiolina. Ma era dannatamente impossibile eccepire su qualunque cosa dicesse e non solo perchè la radiolina è uno strumento artificiale. E, anzi, era più normale stringerselo forte quell'aggeggio dotato di pulsanti.
Era una voce a cui non si poteva che volere del bene, tanto bene. Ci portava in ogni parco verde d'Italia. Anzi, in ogni prato, dotato di migliaia di spettatori che facevano baccano e dove non tutti potevamo entrare. Ma lui ci faceva entrare comunque, senza che il mancato pagamento di un biglietto costituisse reato. Ci dava il permesso, ci consegnava il nostro seggiolino in tribuna d'onore, per tutti, senza distinzioni di colori o strisce. Senza che i bambini litighino, perchè ce n'è per tutti. E senza che i genitori diano il cattivo esempio di parlarsi uno sopra l'altro.
Mai un passo falso, mai una stonatura, mai una volta che il papà, lo zio o il nonno del microfono non abbia mai dato l'esempio, mai diseducativo, mai un richiamo severo che non sia servito e sia sembrato cattivo. Un eterno sfoggio di classe, senza mai apparire antipatico, saccente e arrogante.
Alfredo Provenzali non è stato solo il cronista sportivo, non è stato solo il conduttore, non è stato solo la radio. E' stato e deve continuare ad essere un modello per tutti e non solo di parlare di calcio nei confini e nei toni del giuoco.
E' un uomo capace di insegnare senza doversi mettere in cattedra. Un uomo che va raccontato e spiegato ai più giovani per far capire qual'è la strada giusta per intraprendere la vita e l'educazione di ogni giorno.
I ragazzini vanno distaccati da quei disgustosi esempi che ci propina la televisione quotidianamente. Perchè si può essere amati anche essendo persone educate e garbate, perchè si può dire la propria anche senza gridare e senza offendere. Come nel caso della Lega Calcio di Serie A, che negli anni sta attentando al nostro giocattolo preferito. Provenzali ha sempre trasmesso il suo più profondo disgusto nei confronti dell'andazzo. Eppure sempre con quella leggerezza e quello stile lì, molto più incisivo delle scritte sui muri o delle imprecazioni gridate con un megafono. 29 Novembre 2011, si diceva: quella puntata povera di partite di Serie A ma arricchita dalla Lega Pro. E che fu aperta così. Forse dall'apertura di trasmissione con le parole più forti e vitali che si siano mai sentite dopo quella sigla.
Ha proseguito imperterrito fino al 2 Maggio 2012, giorno della sua ultima conduzione. Un mercoledì, un turno infrasettimanale dove andavano in scena ben otto partite in contemporanea. Forse era proprio destino che la sua ultima volta fosse così degna di una scaletta affollata. Era un mercoledì, ed era sera.
Non dobbiamo però dire che è calata la notte. No, non dobbiamo struggerci nel passato e dire che ci mancherà e che ormai non c'è più il calcio di una volta. Si, lo sappiamo, ma sono cose che Alfredo non vorrebbe mai sentire e per cui ci chiuderebbe immediatamente il potenziometro. Perchè lui ha lottato per il vero calcio, perchè la Famiglia di Minuto per Minuto ha quei suoi figli che sono stati allevati con dedizione. Perchè quell'albero deve rimanere eretto. Si fida delle nuove leve e, tra gli altri, ritiene "Giulio Delfino e Francesco Repice due emergenti fuoriclasse in senso assoluto", come disse nel 2003 in un'intervista a La Repubblica.
Cucchi, Bisantis, Raffa e via discorrendo. Fino a Filippo Corsini. Sono uomini e radiocronisti da apprezzare e seguire. Si faranno amare. Anzi, si fanno già amare. E guai a chi si distrae e non ci dirà minuto e punteggio. C'è ancora quella bandiera dei doveri da tenere alta nel mare procelloso dei diritti..
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