Gentili lettori ben ritrovati, oggi vi pubblichiamo un'interessante intervista a Giovanni Scaramuzzino che ho realizzato una decina di giorni fa. E' stata una chiacchierata intensa, ricca di informazioni utili al mio lavoro di tesi sull'evoluzione della radiotelecronaca, sul ciclismo e tante curiosità relative al mestiere di cronista sportivo.
Ringrazio sentitamente Giovanni per la sua disponibilità e gentilezza, con la sua solita capacità comunicativa ha esaurito, nel limite del possibile, le mie curiosità fornendomi informazioni molto importanti per il mio lavoro. La lunga chiacchierata è stata al tempo stesso velocissima e informale, improvvisata perché l'emozione ti impone di non seguire gli schemi.
Pubblicherò solo alcuni stralci dell'intervista con una particolare attenzione alla tragedia di Wouter Weylandt raccontata proprio da Scaramuzzino e da Emanuele Dotto con il cronista che si è fermato sul lavoro del nostro blog in quella circostanza.
E' più difficile fare una cronaca integrale oppure concentrare il tutto in pochi secondi all'interno di Tutto il calcio minuto per minuto?
Dunque, nella cronaca integrale io amo fare sempre botta e risposta con il mio collega di turno, parlare poco io e parlare poco il collega senza che passino minuti tra una voce e l'altra ma intervalli corti in modo che la radiocronaca sia fatta a due e non come intervento ogni tanto del collega, queste sono scelte personali. C'è un naturale accordo senza bisogno di parlarsi prima per stabilire tempi ecc. La radio ti da la possibilità di sperimentare, poi l'esperimento può piacere o meno, tu hai toccato un argomento molto bello, perché la bellezza della radio è la freschezza, una cronaca non è mai uguale alle altre come i colpi del tennis.
Per quello che riguarda Tutto il calcio è più difficile condensare, in pochi secondi, sia una parte di cronaca diretta e sia quello che è successo. Per cui ti dico che nei 90' è più facile trovare il ritmo, riesci a capire se parti piano, male, forte, se devi calare, riesci a essere giudice di te stesso sapendo che puoi modulare il tutto.
Tutto il calcio è più difficile perché in 40 secondi ti giochi tutto però è molto più affascinante perché ti rimette in gioco e a ogni giro di campi si azzera tutto e si riparte. E' come nell'atletica, in una maratona puoi perdere anche del terreno ma recuperarlo, nei 100m rischi di fare come Bolt, ti giochi tutto in pochi secondi.
Insomma, il fascino di Tutto il calcio minuto per minuto con 5,6,7 partite assieme non c'è l'ha nessuna trasmissione, per cui dovendo scegliere.. mi piace di più Tutto il calcio e il bello della trasmissione è che valorizza il Gol, anche se viene segnato il 4-1 se ne da l'annuncio, talvolta in diretta.
Spesso vieni affiancato dai cronisti regionali, pilastri di questa trasmissione. Qual è il rapporto tra voi prime voci e loro?
In alcuni casi sono più esperti di noi, è un rapporto di simbiosi, come una staffetta, arricchisce la trasmissione. Per esempio, Andrea Coco è imbattibile sul Cagliari!!
I colleghi delle sedi regionali sono un valore aggiunto, nel momento in cui tu riesci a valorizzare la loro presenza e a fare una radiocronaca a due voci diventa una cronaca il più completa possibile anche se completa non la sarai mai.
Ultimamente ti abbiamo sentito fare la radiocronaca a due con Tonino Raffa e Livio Forma, che emozione è farsi accompagnare da loro oggi che tu sei la prima voce? Stiamo parlando di due voci storiche della trasmissione.
Loro sono collaboratori esterni in quanto pensionati per l'età. Prima di tutto è un piacere lavorare con loro, poter chiedere a professionisti del genere dei consigli e sapere in anticipo determinate cose. Livio è un grandissimo opinionista, sa trovare le parole giuste. Per esempio, domenica parlavamo della bravura di Lodi, si potrebbe dire bravo di sinistro ecc.. lui ha detto “ha i colpi del campione” e con questa frase mi ha dato un insegnamento di sintesi ed efficacia. Poi lui ha giocato a calcio per cui Livio vede la partita anche da un punto di vista tecnico e tattico dandoti insegnamenti.
Tonino ha tante radiocronache alle spalle, per esempio appena che entra un giocatore in campo lui va subito a vedere dove si posiziona e questi sono grandissimi insegnamenti, sono talmente bravi che ti stupiscono anche se li metti a leggere le previsioni del tempo. Hanno carisma e competenza, io mi sono trovato molto bene ma ti ripeto che non mi considero prima voce, è difficile sentirmi parlare per più di un minuto di fila perché la radiocronaca fatta a due voci riesce a offrire il meglio, almeno questo è il mio punto di vista.
Tu alterni Gol e Rete, però hai una preferenza in particolare?
Nell'azione veloce e rocambolesca mi viene da dire gol, mentre su punizioni e rigori mi viene Rete. Però non ho una preferenza, mi viene naturale senza pensarci, non ho uno schema fisso. Ti dirò che non mi piace usare le parole inglesi, per esempio “turn-over” si potrebbe dire “avvicendamento”, la “standing-ovation” si potrebbe chiamarla “passerella”, però certe volte è difficile nella concitazione trovare la parola giusta, parlare 90' non è semplice e me la cavo con la parola straniera, ma questo non mi piace perché la lingua italiana è ricchissima di belle parole calcistiche e sportive. Faccio una piccola autocritica (ride..)
Alla fine della radiocronaca sei stanco?
Niente è più difficile di una radiocronaca fatta dalla moto, non puoi prendere appunti ecc. Rispetto all'esperienza di una cronaca in moto o nel calcio, quest'ultima è più facile. La stanchezza esiste, come si stanca un calciatore si stanca anche il radiocronista e chi dice il contrario bleffa. Se la partita è più veloce è logico che ti stanchi di più, se una partita è brutta tu non puoi fingere che sia bella perché cambia la velocità di racconto che è uguale a quella del pallone.
Per esempio, da poco ho fatto Bologna-Inter con un ritmo velocissimo perché la palla schizzava come un flipper, 24 ore dopo ho fatto Parma-Roma con un ritmo decisamente più basso perché è stata una partita lenta.
Se le avessi fatte allo stesso ritmo avrei fatto passare due partite uguali mentre non lo erano.
Per la voce e per il fiato ci sono esercizi particolari?
Chiariamo subito che io ti parlo dal mio punto di vista personale. Durante la cronaca è importante la postura, io cerco sempre di rimanere seduto, devo rimanere comodo, appoggiando entrambi i piedi a terra, devo assumere posizioni corrette come postura. Purtroppo ti può mancare la voce oppure viene la tosse e li è difficile. Però ci sono dei piccoli accorgimenti come non arrivare mai all'ultimo minuto perché si sente il fiatone, rimanere tranquillo, provare tutti i microfoni.. sono piccole regole che ti aiutano a fare meglio la cronaca. L'importante è avere rispetto per chi ascolta. Poi come sbagliano giocatori e arbitri, sbagliano anche i radiocronisti, cerchiamo di fare del nostro meglio ma abbiamo due occhi per vedere e la parola per comunicare.
Il lunedì Riccardo Cucchi ti comunica la o le partite che farai. Come si prepara il cronista durante la settimana, soprattutto quando deve fare cronache con squadre sconosciute. Per esempio, Lazio-Valsui.
Eh non è facile, perché ci sono poche informazioni, nella partita che tu hai menzionato le formazioni non rispecchiavano la vera posizione in campo (ovviamente non della Lazio). C'era un terzino sinistro che ti veniva dato come attaccante. Non è facile e scopri tutto nel campo.
Ma tu studi il modulo e quindi vai a memoria sapendo che x gioca in quella posizione?
Si, osservo la posizione ma anche se sono calvi, che colore hanno le scarpe, tanti dettagli utili.
Sai Davide, a me nella radiocronaca la cosa che mi interessa di più è far capire, a chi ascolta, i dettagli: in quale porta è stato fatto il gol e la direzione d'attacco perché se tu immagini un gol senza sapere dove è stato segnato e magari lo immagini a sinistra, poi la sera guardi le immagini e scopri che è a destra..beh non è carino. Se il cronista ha il monitor sa essere preciso (non sempre lo abbiamo) sui gol e sulle questioni arbitrali.
Comunque a me interessa dire sempre la direzione d'attacco, che maglia hanno le squadre e soprattutto ricordarlo spesso, il calcio è fantasia e l'ascoltatore deve immaginare bene. Piuttosto la radio ti pone davanti al rischio di essere troppo ripetitivo ma io dico che è meglio dire il risultato una volta in più che una in meno.
Qual è la partita che avresti voluto raccontare e che non hai potuto fare perché eri bambino o perché l'ha fatta un collega?
Guarda, c'è una partita che mi è rimasta impressa, parliamo di Italia-Inghilterra 2-0 del '76, valevole per le qualificazioni ai mondiali. Bloccò un Paese intero perché noi avevamo questo tabù Inghilterra, vennero a Roma sicuri di vincere e persero 2-0. Non ci fu la diretta televisiva in quel Mercoledì di Novembre 1976, con la motivazione che la gente non sarebbe andata a lavorare. Quindi la radio con Ameri, gol di Antognoni e bellissimo di Bettega in tuffo. L'avrei proprio voluta raccontare anche se avevo 8 anni (ride..)
E ciclistica?
Io ho avuto la fortuna di raccontare, con Collini, al mio primo Tour de France la vittoria di un italiano, Marco Pantani, 33 anni dopo Felice Gimondi. Per cui posso dire “c'ero, sono stato fortunato”. Quello era il mio sogno e si è arrivato. Se proprio vogliamo trovare una cronaca che avrei voluto fare... Moser campione del mondo nel 77 perché ero un moseriano, ma anche Argentin nel 1986.
Calcio o ciclismo?
Il ciclismo è più sport, come hai detto tu è una grande famiglia, c'è più rispetto del lavoro altrui. Ci può anche essere la parola fuori luogo dopo 200km di corsa e ti dicono di aspettare per l'intervista. Il calcio mi piace solo dal primo al novantesimo minuto, tutto il resto non piace come le interviste che devi quasi pregarli per venire.
Il ciclismo, con tutti i problemi che ha, è un'altra cosa proprio perché c'è rispetto reciproco e una disponibilità diversa con la gente, mentre il calcio purtroppo, si è professionalizzato
Quest'anno il Giro d'Italia è stato funestato dalla tragica morte di Wouter Weylandt. In questi casi come fa un cronista ad andare avanti, a trovare le parole giuste? Penso che per te, così come per il tuo collega Emanuele Dotto, sia stato il momento più difficile della carriera.
Sì, confermo che è stato il momento più difficile, credo anche per Emanuele che ha detto una cosa che a me è rimasta impressa “ho una figlia della stessa età di Weylandt”, per cui anche Emanuele aveva le lacrime agli occhi. E' stato molto difficile, perché purtroppo devi narrare quello che succede, il tuo compito è anche quello di dare la brutta notizia ma lo devi fare con dei toni che siano rispettosi di chi ascolta, bisogna tenere presente che non si può dare una notizia se i familiari non sono stati avvertiti.
Anche se era belga, la notizia data dalla radio italiana sarebbe subito finita su Internet e rilanciata, comunque confermo ancora una volta che è stato il momento più difficile della mia carriera.
In questi casi traspare anche il lato più umano del cronista come la commozione.
Sì, ti dico che la nostra radiocronaca è stata anche messa su youtube ma io non ho avuto il coraggio di andare a risentire quello che abbiamo detto perché non me la sono sentita.
E' stato difficile quel giorno, è stato difficile l'arrivo a Livorno il giorno dopo perché comunque Livorno e la Toscana hanno dato una risposta splendida alla tappa successiva con tutti quei numeri 108 che sono stati sventolati e issati al lato della strada.
Anche quella è stata una radiocronaca emozionante nel senso che ti veniva proprio a mancare la parola, è l'aspetto difficile del nostro lavoro come può essere stato per Pizzul e Ameri nella teleradiocronaca della strage dell'Heysel.
E' difficile andare avanti ma la gente vuole sapere le notizie, io sono sceso giù e ho cercato di intervistare chi aveva assistito alla scena e chi in qualità di responsabile del giro non aveva notizie certe su ciò che era successo. E' evidente che bisogna andare molto cauti e in punta di piedi perché per rispetto non si può sbandierare un evento tragico con superficialità.
Una cosa del genere ti sconvolge, ti tocca tanto perché è inconcepibile morire così è può anche capitare di non essere lucidi nel racconto.
Diciamo che questo lutto è stato sentito in maniera ancora più forte proprio perché il ciclismo è una grande famiglia, nonostante Wouter non fosse così conosciuto, tutti i paesi hanno esposto il 108 fino a Milano. Tutti si sono stretti attorno alla famiglia.
Esatto, nonostante non si abbia perso il campione. Chi come me ed Emanuele ha fatto la radiocronaca dalla moto, sa che è pericolosa la discesa, che è pericolosa la volata, noi sulla moto e loro sulla bici, diciamo che condividiamo i rischi e anche questo aspetto è stato fondamentale perché noi abbiamo fatto tappe e Km affianco dei corridori, pioveva e faceva caldo anche per noi e questo ci ha resi vicini. Vedere che ti muore una persona a causa di una fatalità.. è stata una giornata tremenda che cancellerei, se uno potesse cancellare determinate cose.. non per la radiocronaca, non per l'aspetto lavorativo perché fatta bene o fatta male passa in secondo piano, ma per questa perdita, per la scomparsa di questo ragazzo.
Hai mai avuto paura dalla motocicletta?
Guarda, paura no perché altrimenti non riesci a parlare ma timore sì. C'è una corsa che io ho sempre fatto malvolentieri e che non è il Giro, il Tour, il Pordoi, lo Stelvio e le grandi discese, ma la Milano-Sanremo perché la possono vincere 200 corridori, se uno attacca prende soli 20” e stare con 200 persone che ti vengono dietro sulle discese di Poggio e Cipressa.. la Sanremo è una corsa che sinceramente, se avessi avuto la possibilità di non farla dalla motocicletta, l'avrei fatto. E' sempre stata una gara sul filo su strade strette e le due discese mi hanno sempre preoccupato.
Per esempio, sul Crostis non puoi avere timore come per la Sanremo perché i corridori non passano tutti assieme. Poi lì non crescono alberi e hai la visuale completa, mentre alla Sanremo ci sono curve e contro curve, vai giù velocemente tra serre e muretti.
Prima di concludere ti chiedo se ti riascolti grazie alle sintesi del nostro Marco D'Alessandro, minutoxminuto.
Sì, ma non ne faccio una malattia, se ho un dubbio mi riascolto ma bisogna anche convivere con l'errore.
Alla fine della conversazione ha voluto parlare nuovamente della tragedia di Weylandt, in maniera spontanea con riferimenti al nostro blog:
"Siete stati i primi a capire le difficoltà del giorno e del nostro lavoro, lo avete fatto con sobrietà capendo la nostra sensibilità. Ci avete scusato e incoraggiato allo stesso tempo.
Mi complimento per il vostro lavoro quotidiano, la passione non basta, voi siete costanti, mai un buco, siete sempre precisi."
Con queste belle parole che ci danno ancora più forza e orgoglio chiudiamo questo spazio dedicato all'esclusiva con Giovanni Scaramuzzino, un cronista non solo bravo e preparato ma anche un maestro dal punto di vista umano dal quale si può solo imparare come ho fatto io.
Grazie Giovanni!
Davide Serusi
1 commenti:
Gran bel documento, complimenti sinceri a te che l'hai realizzato e che hai scelto una persona giusta, esaudiente e generosa come si è rivelato Scaramuzzino. Auguri di cuore per il tuo percorso (con una spinta come quella del buon Giovanni, non potrai non farcela) e grazie per condiviso il dialogo :)
Marco D'Alessandro
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