Roberto Pelucchi
Un uomo solo contro Biscardi
Lo sport di RAI 3 affidato a Claudio Ferretti, figlio di Mario, il radiocronista di Coppi
"Mio padre fu più' grande di Carosio: lo rovinarono l'amore per Doris Duranti e i debiti"
Trentotto anni fa, i coniugi tranquilli del suo condominio, in viale di Villa Massimo, lo giudicavano un bimbo troppo uomo per un padre troppo ragazzo. Oggi, Claudio Ferretti conserva più stupore che malinconia nello sguardo. E' il nuovo responsabile dei servizi sportivi al Tg3, ma sulla soddisfazione professionale prevalgono intime certezze: la famiglia unita, i tre figli, i capovolgimenti esistenziali, ogni follia sfrattata, senza biasimare chi si butta via. Arduo dunque preventivare dentro o fuori l'azienda, questo dopo Biscardi così soft, questo successore che non indulge al protagonismo, questo ex inviato radiofonico spesso assimilato ai cani sciolti durante i nostri pettegolezzi. Coraggioso approvargli inoltre un palinsesto settoriale rivoluzionato: arricchimento dei telegiornali con cronache, curiosità, sapori da rotocalco; nessun lunedì folcloristicamente inquisitorio; nessuna contrapposizione diretta con Biscardi; e, come rubrica centrale, il "Quasi gol" ogni giovedì (fascia oraria 22.45-24), dove verranno privilegiati esperti, competenze tecniche, didattiche d'allenamento, immagini, orientamenti totocalcistici, ritmi incalzanti, forse rintracciabili solo nell'indimenticabile "Sprint" di Barendson. Adesso quel bimbo "troppo uomo", cinquantenne pacioso, tocca ferro. Vorrebbe dire che capita. Che, a parte le scelte chissà quanto correttive, ognuno ha un destino. Vorrebbe magari sospirare, immaginando futuri raffronti audience, il giornalismo puro contrapposto al sensazionalismo purchessia di tredici stagioni; il rigore professionale agli "sgub" di recente memoria. Invece preferisce rifarsi al solito stile (o realismo?) che lo contraddistinse fin da quando s'affaccio' in Rai, appena finito il liceo, 20 febbraio 1963. Immutata umiltà, continua voglia d'apprendere.
"Perché so distinguere i miei limiti, riderci sopra, e fin d'allora non venni torturato dal cognome Ferretti. Mio padre Mario resta il più affascinante dei radiocronisti, più grande di Carosio. La leggenda l'accompagna. La famosa frase: "Un uomo solo al comando" gli venne al traguardo di Pinerolo, per un Giro di Coppi, che aveva agganciato la stessa mattina, a Cuneo. Gli esaminatori Eiar l'avevano promosso nel '39: li stupì improvvisando una Milano Sanremo". Poi, in piena popolarità, lo sfascio degli affetti privati, i creditori allertati, la passione rovinosa per Doris Duranti, una vamp già amante di Alessadro Pavolini, una "Bovary" livornese dalla quale scappare, secondo morigerati consigli formicolanti attorno allo scandalo. Il cantore di Fausto se ne innamora a un "rally" cinematografico. Dilapidatore generoso, adora respirare emozioni rischiose. Si spende a profusione. Adora certe umane follie e poi si schianta di fatica arrotondando i sempre insufficienti guadagni con copioni per Rascel e le sorelle Nava, con soggetti cinematografici, con siparietti radiofonici. Non basta. Chiede l'aspettativa. Deve espatriare: Ciudad de Trujllo, Santo Domingo, altri posti centroamericani. Pare di rileggere un romanzo d'appendice, ascoltando Claudio. Claudio Ferretti che sfuma responsabilità, che sa perdonare. "L'avrò visto sì e no cinque volte. Incontri annebbiati, qualche particolare che ogni tanto guizza ancora in mente: quando mi fece salire sulla sua Ferrari 8V rossa fiammante; quando lo ascoltai decantare la tappa del Puy de Dome; quando onorato l'affiancai al motovelodromo Appio e a un Giro dell'Appennino sterminato dal campionissimo sulla Bocchetta; quando tornando a scuola seppi di lui e Doris Duranti dai brusii commiseranti dei compagni...". Incastri di spezzoni. Claudio Ferretti tiene giusto ombre di cicatrici nell'anima. E battute spontanee: "Beh, riesco a incontrare ancora qualcuno che in un certo qual senso mi consola mormorando: avanzo tot quattrini, so che non rientrerò più di vecchi prestiti concessi a tuo padre, ma a quel genio pazzo glieli ridarei subito... Ammissioni consolanti. Intanto resto il titolare superstite della famiglia più Rai d'Italia : madre impiegata Eiar, suocera annunciatrice, suocero dirigente. E, cresciuto accanto alla radio, ho imparato ad ascoltare, ho rubato un po' ovunque i ritmi esatti, mi sono fatto l'orecchio. Purtroppo, di recente, s'è confusa l'incontinenza televisiva urlata con la necessità di interventi accordati senza massacrare la nostra lingua. Cominciarono a insegnarmi l'abc Pia Moretti, Corrado, gli interpreti de "I pattini d'argento", perfino l'annunciatrice del calendario Antonetto".
Nel 1988, Ferretti accetta la conduzione del Tg3 preserale. Archiviate alcune particolari soddisfazioni (è la voce del k.o. di Benvenuti al Palasport romano contro Monzon; è la voce del Cova di Atene, Los Angeles, Helsinki; ha inventato un Giro d'Italia al computer per il ventennale della morte di Coppi) cambia ambiente. "M'aveva stancato la seriosità dei protagonisti dello sport, il loro prendersi maledettamente sul serio. Sapevo di rimetterci in popolarità' spicciola, ma andavo ad acquisire ulteriori esperienze riguardanti l'elaborazione del giornale televisivo. D'altra parte, all'epoca di Mosca 1980 in radio m'avevano preso per matto. Stava nascendo mia figlia e rinunciai a quelle Olimpiadi. Una figlia è più importante di Mennea oppure è una reazione tutta personale a un passato triste: papà e Coppi pressoché uniti pure nello scandalo di quell'Italia bacchettona! Però noi in casa soffrivamo, a volte ci mancava l'indispensabile, la mamma sgobbava, mi tirarono su a piazza Bologna una nonna e una bisnonna. Ero un testone solitario, con interessi collaterali: la pittura, l'arte, il cinema. Nel cinema, da adolescente, mi sarebbe piaciuto qualsiasi ruolo, trovarobe compreso". Sappiamo com'è andata. Claudio Ferretti, uomo (non solo) al comando del futuro sportivo del Tg3, promette di dare quanto può. La sua maglia e' sempre Rai.
Franco Melli
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