Roberto Pelucchi
I suoi ultimi minuti al microfonoPiero Pasini, Pierone come lo chiamavano gli amici, era arrivato allo stadio poco dopo le 13. Dopo aver effettuato un collegamento televisivo per il Tg1 sulla gara Bologna-Fiorentina, era salito, come faceva abitualmente da tanti anni, nella cabina della Rai, posta sotto la tribuna centrale. Era un po' affaticato, poco disponibile al sorriso: dentro di lui già covava il male che poco dopo sarebbe esploso. Di solito Pasini chiamava in cabina Rai alcuni amici, personaggi dello sport. Ieri aveva accanto a sé Azeglio Vicini, responsabile tecnico dell'Under 21, e Sandro Munari, ex campione del mondo di rally. "Non mi sento bene - aveva confidato Pasini ai due ospiti -. Forse ho preso freddo durante il collegamento televisivo. Ho commesso un'imprudenza ad andare all'aperto in giacca". Il suo viso era teso e palldio. Nonostante tutto, però, non ha abbandonato il posto di lavoro. Dopo il primo gol, quello del suo amico Eraldo Pecci, è intervenuto per informare su quanto stava avvenendo a Bologna. Poi, a distanza di qualche minuto, ha compiuto un secondo intervento, richiesto dalla sede centrale. Al terzo collegamento, erano circa le 14.38, la voce di Piero Pasini non ha risposto. Il telecronista si era accasciato al suolo, privo di sensi.
Vicini e Munari l'hanno subito soccorso, ma si sono resi conto della gravità del caso. L'addetto al servizio dell'altoparlante ha quindi sparso l'allarme, chiamando nella cabina Rai il professor Nanni Costa, primario del reparto di rianimazione dell'Ospedale Maggiore che assisteva alla gara da tifoso rossoblù. A quel punto l'angoscia e la paura hanno avvolto il vecchio comunale di Bologna. Gli sguardi degli spettatori della tribuna centrale erano emotivamente rivolti verso la cabina Rai, dove frattanto aumentava il traffico di persone. Venivano poi chiamati gli uomini del servizio sanitario e il povero Pasini era trasportato al "Maggiore" a bordo di un'autolettiga. Frattanto i collegamenti con Bologna venivano interrotti. I redattori della rubrica calcistica in diretta si giustificavano con gli ascoltatori dicendo che il collega di Bologna era stato colpito da un leggero malore. Ad un certo punto, esattamente durante l'intervallo, erano state diffuse notizie ottimistiche. Sembrava che Pasini stesse meglio. Una malaugurata congestione - si diceva - era la causa del malore.
Purtroppo non era così. Nonostante le premurose cure dei sanitari, e in particolare del professor Nanni Costa, Piero Pasini ha cessato di vivere esattamente alle 15.25 per infarto miocardico. La notizia del decesso si è diffusa alla mezz'ora della ripresa. Molti spettatori, profondamente colpiti dal tragico evento, hanno lasciato lo stadio anzitempo.
s.s.
Ha chiuso con un filo di voce
"Ti restituisco la linea"
Mario Giobbe, il conduttore di "Domenica Sport" sul Gr2, ci fa rivivere così gli ultimi interventi di Piero Pasini nella trasmissione. "Un attimo dopo che avevo dato la linea ad Ameri sul campo principale di Napoli, Pasini ci ha interrotto per dirci che la Fiorentina aveva segnato al 1° minuto con Pecci. Dopo 3 minuti, ho ridato la linea a Piero che ha normalmente raccontato la rete del giocatore della Fiorentina. Ha detto una frase strana, quasi un presagio: "Zinetti è rimasto come paralizzato sul tiro di Pecci". Poi Piero ha descritto subito dopo un'altra bellissima azione dei viola conclusa con un tiro di poco a lato. Al 6° minuto l'ho richiamato. "Bologna-Fiorentina". Poi "Piero Pasini... Piero Pasini...". Lui non ha risposto. Poi è intervenuto per dire, con un filo di voce: "Qui siamo esattamente al 6° minuto di gioco. Non è cambiato nulla. Ti restituisco subito la linea". Sono state queste le sue ultime parole. Sono rimasto sorpreso nel sentirlo così affrettato, lui che, per eccesso di passione e d'amore per il mestiere, aveva l'abitudine di tenere il più possibile la linea. Mi hanno quindi chiamato dalla regia per dirmi di non chiamare più Bologna perché Pasini si era sentito male. Ma dopo un quarto d'ora non potevo non dare più notizie della partita e ho detto che avremmo dato solo dei flash perché Pasini aveva avuto un leggero malore. La notizia della morte l'ha data Moretti a conclusione di "Domenica Sport" alle ore 17.15 quando abbiamo avuto la certezza che anche la madre e i figli di Piero erano venuti a conoscenza del dramma. Pasini - ha concluso Giobbe - era stato l'unico giornalista della radio riuscito a entrare nel villaggio olimpico ai Giochi di Monaco 1974 (in realtà, 1972, ndr) in occasione della vicenda degli atleti israeliani tenuti in ostaggio dai fedayn. Era entrato nel villaggio travestito da judoka. Povero Piero. Sarebbe dovuto andare ai Mondiali di Spagna. Il nostro è un mestiere terribile".
Ci regalava il suo entusiasmo
Lasceremo dire ai medici che Piero Pasini è morto in ospedale per un guaio alle coronarie. Noi scriveremo, volendogli bene sino all'ultimo, ch'egli è morto descrivendo un gol, per effetto di un gol. Quel gol, segnato per giunta da un amico, dal romagnolo Pecci della Fiorentina al "suo" Bologna, dopo appena un minuto di gioco, deve averlo colpito al cuore con tutta la serie delle complicazioni emotive che quel gol portava con sé. Diremo allora e non per caso, per opportunità commemorativa, che soltanto un animo sereno, ingenuamente pudico com'era quello di Pasini, poteva meritare di soccombere in eguale maniera. O meglio, solamente di lui noi possiamo permetterci di pensare così. Per renderlo lieto, per un istante ancora, al di là della vita. E' l'ultimo e purtroppo inutile piacere che gli possiamo fare: l'ultimo omaggio alla sua passione e alla sua bontà. La crudeltà del nostro mestiere consiste anche in questo, nel dover dire in fretta, con poche parole, rendendolo pubblico, un dolore che invece serbiamo geloso, come un'eredità improvvisa della quale non avevamo mai tenuto conto, perché non pensavamo che Pasini avrebbe chinato il capo all'improvviso davanti al microfono, sul deschetto polveroso di uno stadio. La morte lo ha colto invece sulla sua trincea, consentendogli solamente un'ultima scarica dei suoi aggettivi un po' roboanti, ad effetto, come lo sono gli aggettivi pronunciati con la cadenza emiliana, il segno canoro della sua identità. Pasini era tale, quale lo si sentiva alla radio o lo si vedeva la domenica sera alla televisione: un uomo che regalava sempre agli altri un qualcosa di suo, anche quando il pallone lo aveva tradito. Come ieri. E ci addolora immensamente pensare ch'era l'ultima volta.
b.r.
Tutto il calcio compie 50 anni
Così Pasini gli diede la vita
«Il Bologna è campione d' Italia», annuncio solenne per un evento epocale, non lo proferì lui, perché la gerarchia era forma inderogabile, e quasi sacra, nella radio d' antan. E fu infatti Roberto Bortoluzzi, dallo studio centrale, a ufficializzare lo scudetto rossoblù, dopo lo spareggio narrato da Nicolò Carosio, in quell'anno di grazia 1964. Ma la voce solitamente in onda da Bologna, dell'assortita squadra di «Tutto il calcio minuto per minuto», che domani celebrerà il suo fastoso cinquantenario, era quella di Piero Pasini, una delle colonne del programma oggi cult. Si collegava lui da Bologna o da Cesena, e prima da Modenae Ferrara, quand'erano in A. Si collegò pure l'ultima volta che impugnò un microfono: il 13 dicembre 1981, dal Comunale di Bologna, chiudendo l'intervento con un placido «Nient'altro da segnalare»: Bologna-Fiorentina era sullo 0-1, sbloccata da Pecci, in maglia viola. Poi s'accasciò. «Leggenda vuole che a stroncarlo fu il gol di Eraldo, che era pure suo amico. Ma non credo che papà, che di gol ne aveva visti tanti, e anche cose più dure, come l'alluvione in Polesine coperta da giovane cronista, potesse cedere a un'emozione così abituale. Fu un infarto devastante, senza rimedio, a portarselo via in pochi minuti. Negli stadi il pronto soccorso era rudimentale, non c'era defibrillatore, e i barellieri dovettere fendere la calca della tribuna piena per il derby per soccorrerlo. Così morì mio padre, a 55 anni, lavorando a "Tutto il calcio"». Gabriele Pasini ne aveva allora 23 e ascoltava da casa. Oggi, a 52, fa in Rai lo stesso mestiere del padre, solo pestando i gradini più bassi cui s'è ridotto il calcio d'Emilia, che a Piero risparmiò almeno il Bologna sceso per la prima volta in B: successe di lì a pochi mesi. Ricorda così quella voce familiare non solo a lui e quegli echi riaffiorati in questi giorni, raccontando come allora si raccontava il pallone, non ancora colonizzato da Sky. Lo seguiva in postazione negli stadi («sempre dentro la cabina, a dieci anni già pratico di microfoni e prese»), quel padre cronista di calcio, e tant'altro, alla vecchia Rai di via Alessandrini, bolognese di nascitae di carriera, solo con ascendenze faentine per parte di padre. «I mostri sacri, come tutti sanno, erano Ameri e Ciotti, ma era la squadra a funzionare, e di quella faceva parte anche mio padre. Che ho scelto di ricordare nel cuore, non conservando né nastri né spezzoni tv. Io bambino, lui grande e forte come un atleta, in quegli stadi che impressionavano molto più d' adesso, perché i trentamila che vedevo allora oggi non li vedo più».
Walter Fuochi
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