Pioveva a dirotto, non solo a Parma ma anche nel nordest d’Italia e in Slovenia, il pomeriggio di quel 18 maggio 2008. Avevo pranzato nel bellissimo centro storico di Pirano, poi sotto il diluvio ho raggiunto l’auto, parcheggiata alle porte della città. Non fidandomi dell’autoradio avevo portato con me una radiolina portatile, confidando che il segnale di Radio Uno Rai si sentisse, almeno in onde medie, anche sulla costa slovena. E così fu, anche se con la linea a tratti precaria. Ad ogni movimento del tergicristallo un disturbo, ad ogni curva la voce di Riccardo Cucchi che andava e veniva. Poi, in autostrada fra Trieste e Latisana, l’annuncio dal Tardini: il primo gol di Ibra, seguito qualche minuto dopo dal secondo. Lo scudetto che si stava materializzando, e io a urlare “gooooooool” a squarciagola dal finestrino dell’auto abbassato, incurante della pioggia e dei commenti degli altri automobilisti.
“Tutto il calcio minuto per minuto”, nell’ultimo lustro, è diventata una trasmissione spesso dolce per noi interisti nati negli anni ’70, cresciuti tra le Juve di Platini, la Roma di Falcao, il Napoli di Maradona e il Milan di Berlusconi. Io, che fin da bambino volevo fare il giornalista (sogno al momento realizzato), iniziai ad ascoltare con curiosità “Tutto il calcio” ai tempi delle elementari. “Visto? Anziché aspettare la sera per guardare i gol in tv, alla radio puoi sentire le partite in diretta” mi spiegava mio padre, ex giornalista. “Sì ma i gol non li fanno vedere in diretta…” ribattevo io, dispiaciuto nella mia ingenuità. Ma intanto familiarizzavo con le voci storiche del programma. Enrico Ameri, quella del campo principale, Sandro Ciotti suo “secondo” con quella voce così caratteristica, e poi Ferretti, Provenzali, un giovane Emanuele Dotto, Luzzi per la partita di cartello della serie B, e naturalmente Bortoluzzi dallo studio centrale e tanti altri.
In quei tempi, la partita dell’Inter non era quasi mai il campo principale, a volte veniva semplicemente aggiornata dallo studio. Tempi duri per noi interisti, ma la curiosità e quello che andava profilandosi come un amore per il giornalismo e per “Tutto il calcio” mi tenevano ugualmente incollato alla radio.
Molte delle passioni che nascono da bambini poi sfumano, svaniscono, lasciano spazio ad altre. Quella per la radio, nel mio caso, no. “La radio arriva sempre per prima sulle notizie” conviene con me un’arzilla vicina di casa cresciuta con l’Eiar. È vero. Anche nell’epoca di internet. E ascoltare una partita sperando che arrivino (o non arrivino) notizie da un altro campo è una formula, un’emozione destinata ad essere eternamente giovane, a sedurre ancora generazioni di appassionati.
Giovane come quei radiocronisti che oggi sono l’ossatura di Tutto il calcio, e che svolgono egregiamente il loro lavoro anche nei più impegnativi anticipi e posticipi. Il migliore della nuova generazione? Francesco Repice, senza il minimo dubbio (sperando che la tv non lo “scippi” alla radio, come accaduto con un altro grande: Bruno Gentili). Ma fanno bene sperare anche Bisantis e il duttile Scaramuzzino, e sicuramente avrò dimenticato qualcuno.
Una bella radiocronaca è arte, è poesia. Un gol della tua squadra raccontato in diretta all’ultimo minuto è un cavallo che corre, un muro del suono sfondato, un momento di pazzia in cui pensi solo a urlare e alzare braccia e pugni al cielo, come accaduto la sera del 4 novembre scorso. Buon compleanno e lunga vita a Tutto il Calcio Minuto per Minuto, le nostre insostituibili emozioni in tempo reale.
“Muntari, il sinistro! Sfugge il pallone… È lì Milito… Sulla linea, Snejider: reteeee! Ha segnato l’Inteer, ha segnato l’Inteer…”.
Luca da Conegliano
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